Agenzia delle Entrate
RISOLUZIONE N. 86 del 11.07.2005
Oggetto: Istanza di Interpello - Registrazione delle ordinanze
di riparazione per ingiusta detenzione
Con istanza di interpello n. .........., presentata ai sensi
dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, è
stato chiesto il parere della scrivente in ordine al regime
dell'imposta di registro applicabile alle ordinanze di riparazione
per ingiusta detenzione. In proposito è stato esposto
il seguente
QUESITO
Il Ministero della Giustizia ha chiesto di conoscere se le
ordinanze di riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate
ex articolo 314 cod. proc. pen., debbano essere assoggettate
a registrazione e, in caso affermativo, quali siano le modalità
operative di esecuzione della formalità. Più
precisamente chiede se l'imposta di registro dovuta debba
essere prenotata a debito (ex articolo 59 del Testo Unico
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato
con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) ovvero corrisposta contemporaneamente
alla richiesta di registrazione.
L'interpellante, nel far presente l'esistenza di prassi operative
assai diversificate negli Uffici periferici dell'amministrazione
giudiziaria, chiede quale sia il corretto trattamento fiscale
delle suddette ordinanze di riparazione per ingiusta detenzione.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'interpellante ritiene che "(...) le ordinanze di riparazione
per ingiusta detenzione hanno natura indennitaria patrimoniale
e derivano da un atto dell'Autorità giudiziaria che
è formalmente lecito. In ragione di tale natura, le
somme oggetto delle ordinanze in questione non possono essere
assimilate ad un comune trasferimento di danaro, difettando
nella fattispecie l'arricchimento del beneficiario, il quale
si vede corrispondere una somma che giammai potrà considerarsi
sufficiente a ristorare le sofferenze patite per l'indebita
privazione della libertà personale. Già tale
considerazione parrebbe sufficiente a concludere per l'esenzione
dall'imposta; tuttavia, è dato riscontrare che in caso
di indennizzo (e dunque di soccombenza dell'Amministrazione),
è di per sé escluso che dall'assoggettamento
ad imposta dell'ordinanza possa scaturire un vantaggio fiscale,
sia pur minimo. Difatti in tal caso la parte vittoriosa, se
pure in primo momento è gravata dall'obbligazione tributaria,
azionerà la pretesa di rimborso delle somme sborsate
a titolo di registrazione, unitamente all'obbligazione principale
relativa all'indennizzo, in sede esecutiva nei confronti dell'Amministrazione
(...)".
Sulla base di quanto esposto, l'istante ritiene che i provvedimenti
in oggetto siano esenti da registrazione.
RISPOSTA DELL'AGENZIA DELL'ENTRATE
Con riferimento al quesito posto, la scrivente osserva che
l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione, disciplinato
dall'articolo 314 cod.proc.pen., riconosce a favore di chi
ha subito una detenzione "ingiusta" un vero e proprio
diritto alla riparazione del danno, ancorché soltanto
equa.
La riparazione è attuata, ai sensi dell'articolo 643
cod.proc.pen, con diverse modalità che tengono conto
delle condizioni dell'avente diritto e della natura del danno:
1) mediante pagamento di una somma di denaro;
2) mediante la costituzione di una rendita vitalizia.
Il provvedimento della competente autorità giudiziaria
comporta, quindi, l'obbligo al pagamento di somme o valori.
In merito al trattamento fiscale delle ordinanze in questione,
emesse dalla Corte d'Appello, si evidenzia che le stesse rientrano
tra gli atti giudiziari soggetti a registrazione in termine
fisso, per il combinato disposto degli articoli 37 del Testo
Unico dell'imposta di registro, approvato con d.P.R. n. 131
del 1986, e dell'articolo 8, lettera b) della Tariffa, parte
prima, allegata allo stesso Testo Unico.
Tali ordinanze, infatti, sono riconducibili agli "(...)
atti dell'Autorità giudiziaria in materia di controversie
civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio (...)
anche se al momento della registrazione siano stati impugnati
o siano ancora impugnabili (...)" (articolo 37). Più
precisamente si tratta di atti "recanti condanna al pagamento
di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di
beni di qualsiasi natura" per i quali l'articolo 8, comma
1, lettera b), Tariffa parte prima, stabilisce l'imposta nella
misura del tre per cento.
In ordine alle modalità operative di registrazione,
le ordinanze rientrano tra "(...) i provvedimenti e gli
atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali
sono interessate le amministrazioni dello Stato (...)"
per i quali è prevista la registrazione a debito, cioè
senza contemporaneo pagamento dell'imposta dovuta (articolo
59, comma 1, lettera a, atteso che la domanda riparatoria
viene proposta proprio nei confronti dello Stato e il provvedimento
della Corte d'Appello va notificata al Ministro dell'Economia
e Finanze (Tesoro) (cfr. Parere del Consiglio di Stato del
28 ottobre 1996, n. 1368/96). In proposito si rinvia alle
istruzioni amministrative impartite con circolare n. 13 del
23 marzo 2004 dell'Agenzia delle Entrate, in tema di equa
riparazione per mancato rispetto del termine di ragionevole
durata del processo.
In tema di modalità di recupero delle spese prenotate
a debito, il Consiglio di Stato con circolare del 02/08/2002,
n. 564, ha precisato che, ai sensi dell'articolo 158, comma
3 "... sono recuperate dall'amministrazione, insieme
alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell'altra
parte alla rifusione delle spese in proprio favore".
Il soggetto "amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione
a debito" è definito dall'articolo 3, comma 1,
lett. q) del Testo Unico in materia di spese di giustizia:
"... amministrazione dello Stato, o altra amministrazione
pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito
di imposte o di spese a suo carico". Pertanto, la singola
amministrazione, parte in causa, ammessa alla prenotazione
a debito delle spese, deve - successivamente al passaggio
in giudicato della sentenza - recuperare nei confronti della
controparte soccombente le spese prenotate a debito e anticipate
dall'erario.
Si può, quindi, affermare che ogni qualvolta l'amministrazione
dello Stato è 'parte processuale' nel giudizio, il
provvedimento giudiziario deve essere sottoposto a registrazione
a debito e, in caso di soccombenza definitiva dello Stato
- con il passaggio in giudicato del provvedimento decisorio
-, il cancelliere deve procedere ad annullare d'ufficio la
partita di credito dell'erario.
Tale conclusione è riferibile anche alle ordinanze
di riparazione dell'errore giudiziario, ex articolo 643 cod.proc.pen..
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