SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
SENTENZA 06-04-2005, n. 7109
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 25.7.2000, il giudice di pace
di Napoli, decidendo sulla domanda da risarcimento di danni
da incidente stradale, proposta da Luigi S., nei confronti
dell'Edera Assicurazioni in l.c.a. e della Generali Assicurazioni,
quale impresa designata dal FVS, in relazione al sinistro
verificatosi in Napoli il 21.5.1999, rigettava la domanda,
compensando le spese. il Tribunale di Napoli, con sentenza
depositata il 27.11.2002 rigettava l'appello, proposto dal
S., ritenendo che era provata nel sinistro la responsabilità
dello stesso S., che non aveva dato la precedenza al veicolo
che proveniva da destra, anzi fermandosi nell'incrocio, al
fine di permettere il passaggio di un pedone; che la stessa
assicuratrice del S. aveva risarcito i danni dell'auto antagonista.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione
il S., Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 c.c., in relazione
all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..
Ritiene il ricorrente che dalla prova testimoniale assunta
emergeva che la sua auto era ferma per permettere l'attraversamento
di un pedone, mentre l'auto della C., che proveniva dalla
destra,l'investiva; che conseguentemente il giudice di merito,
anche se avesse ritenuto la responsabilità di esso
ricorrente per mancata concessione della precedenza, non poteva
escludere la responsabilità concorrente dell'altro
conducente, a norma dell'art. 2054, c. 2, c.c., in mancanza
di accertamento del pieno rispetto delle norme della circolazione
e di prudenza.
2.1. Ritiene questa corte che il motivo è manifestamente
fondato.
Nel caso di scontro tra veicoli, l'accertamento in concreto
di responsabilità di uno dei conducenti non comporta
il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito
dall'art. 2054 c.c. essendo a tal fine necessario accertare
in pari tempo che l'altro conducente si sia pienamente uniformato
alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza
ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente.
Conseguentemente, l'infrazione, anche grave, come l'inosservanza
del diritto di precedenza, commessa da uno dei conducenti
non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento
dell'altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto
alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di
colpa nella determinazione dell'evento dannoso (Cass. 5/05/2000,
n. 5671; Cass. 17.1.1996, n. 343). Ove detto accertamento
del comportamento dell'altro conducente non sia possibile,
come nella fattispecie, e quindi quest'ultimo non ha fornito
la prova liberatoria della presunzione di colpa, opera quest'ultima,
per l'area residua di responsabilità rispetto a quella
accertata in concreto a carico dell'altro conducente.
2.2. Nella fattispecie il giudice di merito, dopo aver ritenuto
che la responsabilità dell'attore fosse stata accertata
in concreto,quanto alla mancata concessione del diritto di
precedenza, ha ritenuto che, sulla base della deposizione
dei testi escussi non poteva ricostruirsi la condotta di guida
del conducente dell'auto antagonista, in quanto era troppo
labile la semplice affermazione della sbandata. Sennonchè,
proprio perchè quest'ultima condotta di guida non era
accertabile, non risultava superata la presunzione di colpa
a carico del conducente dell'auto della C.
Ne consegue che la sentenza impugnata ha violato l'art. 2054,
c. 2, c.c..
3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta
la violazione e falsa applicazione dell'art. 253 c.p.c. in
relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c..
Lamenta il ricorrente che, poichè la sentenza appellata
aveva ritenuto che nella deposizione dei testi vi erano punti
oscuri, questi avrebbero dovuto essere chiariti, con opportune
domande di chiarimento da parte del giudice di pace, come
già censurato in sede di appello.
4. Ritiene questa corte che il motivo è manifestamente
infondato.
Infatti è vero che l'art. 253 c.p.c. concede al giudice
d'ufficio o su istanza di parte di rivolgere al teste le domande
che ritiene utili per chiarire i fatti sui quali il teste
è chiamato a deporre.
Tuttavia, nel caso in cui non vi sia stata un'istanza di parte
al fine di ottenere detto chiarimento, il mancato esercizio
di ufficio di tale facoltà, costituendo un potere discrezionale
del giudice, non può essere oggetto di impugnazione.
5. Va, pertanto, cassata l'impugnata sentenza,in relazione
al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio
di Cassazione ad altra sezione del tribunale di Napoli, che
si uniformerà al suddetto principio di diritto.
P.Q.M.
Visto l'art. 375, c. 2, c.p.c..
Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo.
Cassa l'impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto,
con rinvio, anche per le spese del giudizio di Cassazione,
ad altra sezione del tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2005.
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