La malattia professionale silicosi non ha termine massimo
di indennizzabilità
É quanto ha stabilito la Sezione lavoro della Corte
di Cassazione, con la sentenza n. 2913 del 14 febbraio 2005
Corte di cassazione
Sezione lavoro
Sentenza 14 febbraio 2005, n. 2913
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. P. Francesco ha chiesto al giudice del lavoro di Teramo
di condannare l'Inail a corrispondergli rendita per malattia
professionale silicosi polmonare o silicatosi.
Il primo giudice, accertato con c.t.u. che il P. era affetto
da silicosi polmonare, e dichiarato di condividere tale diagnosi,
ha respinto la domanda, perché decorso il termine massimo
di indennizzabilità dalla cessazione della lavorazione
protetta. Indicava il periodo di venti anni previsto dalla
voce n. 44 della tabella allegata al d.P.R. 1124/1965.
La Corte d'Appello di L'Aquila ha respinto l'appello del
P.. Ribadito il decorso del termine massimo di indennizzabilità,
ha rimproverato al P. di non avere provato l'esposizione al
rischio per il periodo successivo a quello, più antico,
sicuramente coperto da rischio silicotigeno.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione
il P., con due motivi.
L'intimato Istituto si è costituito con controricorso,
resistendo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, deducendo violazione
e falsa applicazione del d.P.R. 1124/1965, allegato n. 8,
e art. 1 l. 780/1975, per avere applicato il termine massimo
di indennizzabilità dalla cessazione della lavorazione
protetta di venti anni alla silicosi.
Il motivo è fondato.
Il sistema tabellare, nel suo valore presuntivo favorevole
al lavoratore, permane anche dopo la sentenza della Corte
costituzionale 179/1988.
Esso è basato su tre elementi caratterizzanti, che
devono coesistere:
a) la specifica malattia indicata nella prima colonna della
tabella all. 4 al t.u. 1124/1965;
b) che la malattia sia contratta nelle lavorazioni indicate
nella seconda colonna;
c) ove la malattia si sia manifestata dopo la cessazione della
lavorazione morbigena, che tale manifestazione sia avvenuta
entro il periodo indicato dalla terza colonna (c.d. periodo
massimo di indennizzabilità), determinato in un periodo
differente per ciascuna patologia, in base alle indicazioni
di latenza della scienza medico-legale.
Per le stesse ragioni, per alcune patologie, che possono
manifestarsi a grande distanza dalla cessazione della lavorazione
morbigena, tale periodo è illimitato, vale a dire non
vi è periodo massimo di indennizzabilità; è
il caso delle manifestazioni neoplastiche di cui alle voci
5, 9, 36, 38, 42, 51, 56, 57, 58 della tabella all. 4. Identico
è il regime per l'asbestosi (già nominata, per
le eventuali conseguenze neoplastiche, nella voce 56 della
tabella 4) e la silicosi, separatamente disciplinate negli
artt. 140 ss. t.u. 1124, parzialmente modificati dalla l.
780/1975. Per queste due malattie la l. 455/1943, introduttiva
della tutela professionale, prevedeva un periodo massimo di
indennizzabilità di 10 anni, elevato a 15 anni dal
d.P.R. 648/1956.
La tabella delle lavorazioni per le quali è obbligatoria
l'assicurazione contro la silicosi e l'asbestosi e del periodo
massimo di indennizzabilità dalla cessazione dal lavoro
(all. 8 al t.u. 1124) non indica alcun termine, sicché
si deve ritenere che l'articolo 140 t.u., con il rinvio alla
tabella 8, abbia soppresso il limite temporale precedente.
Analogo, perché basato sui medesimi presupposti medico-legali,
è il regime temporale per il diverso istituto della
revisione della rendita.
La possibilità di rivedere nel tempo la misura della
rendita accordata discende direttamente dall'art. 38, comma
2, Cost. Non assolverebbe infatti alla sua funzione di provvedere
mezzi adeguati alle esigenze di vita una rendita che, in rapporto
alle condizioni fisiologiche dell'infortunato, che possono
mutare nel tempo in meglio o in peggio, fosse divenuta sperequata,
in più o in meno, rispetto a tali esigenze.
Ciò non significa che la revisione della rendita possa
essere chiesta in qualsiasi tempo, indefinitivamente. Tale
possibilità va contemperata con l'opposto principio
di stabilizzazione dei postumi, per il quale si presume che
dopo un certo tempo gli esiti dell'infortunio sul lavoro o
della malattia professionale siano stabilizzati (Corte costituzionale
358/1991).
Per gli infortuni l'art. 83 t.u. stabilisce il termine di
consolidamento in dieci anni; per le malattie professionali
l'art. 137 lo stabilisce in 15 anni, in base al rilievo medico-legale
che in caso di tecnopatia il consolidamento dei postumi avviene
in un arco temporale più lungo che nel caso di infortunio
(Cassazione, 1905/1982; Id. 4095/1983; Id. 22 maggio 1987).
Per la silicosi e asbestosi espressamente l'art. 146, comma
5, d.P.R. 1124/1965 dispone che le revisioni possono essere
richieste o disposte anche oltre il termine di quindici anni
previsto dall'art. 137 per le malattie professionali, così
sancendo il principio che non esiste termine per il consolidamento
di tali specifiche malattie professionali. L'art. 13, comma
4, ultima parte, d.lgs. 38/2000 ha esteso tale regime anche
alle malattie neoplastiche, quelle infettive e parassitarie.
Pur costituendo il termine massimo di indennizzabilità
e il consolidamento della rendita due nozioni nettamente distinte,
comune è il presupposto medico-legale che non consente
limiti temporali, per entrambi gli istituti, per la silicosi
e l'asbestosi, e cioè la possibilità di insorgere,
di manifestarsi o di modificarsi della malattia a lunga distanza
di tempo dal fatto generatore.
La sentenza impugnata ha disatteso tali norme di legge, ed
ha confuso con la silicosi, come sopra disciplinata (già
definita in passato dall'art. 3 l. 455/1943, come fibrosi
polmonare provocata da inalazione di polvere di biossido di
silicio allo stato libero), le pneumoconiosi da polveri di
calcari, distinta malattia professionale prevista dalla voce
n. 44 d.P.R. 336/1994 (all. 4 al t.u. 1124). Il termine pneumoconiosi
infatti è un termine generico che designa varie malattie
respiratorie causate da inalazione di polveri, di qualsiasi
origine, minerale, animale e vegetale (ad es. polveri di legno);
al suo interno si distinguono le varie malattie specifiche
causate dai diversi agenti, ed è evidente che la silicosi,
causata da polveri di silicio, è cosa diversa dalla
pneuomoconiosi da polveri di calcari, causata da composti
del calcio.
L'accoglimento del primo motivo assorbe il secondo.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata,
e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di Roma, la quale
deciderà la causa attenendosi al seguente principio
di diritto: "la malattia professionale silicosi non ha
termine massimo di indennizzabilità"; essa provvederà
altresì alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma.
La redazione di megghy.com
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