Il mero utilizzo di un software copiato in azienda non
costituisce reato
Tribunale di Bolzano, sentenza 31.03.2005 n° 145
Lo ha stabilito il GIP del Tribunale di Bolzano, con sentenza
del 31 marzo 2005
N. 6100/04 PM
N. Sent. 145/05
N. 5962/04 GIP
TRIBUNALE DI BOLZANO
Ufficio del GIP
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GIP dr. essa Alessandra Burei
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di
xxxxxxx
IMPUTATO
del reato di cui all'ari. 171-bis della legge 22 aprile 1941
n. 633 e s.m. per avere, nella sua veste di titolare della
ditta individuale xxxxxx, esercente l'attività di architettura,
abusivamente detenuto a scopo imprenditoriale, per trarne
profitto, programmi per elaboratore senza essere in possesso
delle relative licenze d'uso, in particolare detenendo programmi
per elaboratore (software), tra cui in parte software specifico
per lo svolgimento dell'attività professionale, in
parte specifico per il funzionamento del sistema di elaborazione
dati ed in parte software generico rivolto alla gestione ed
amministrazione dell'impresa.
Accertato il 6.8.2004 in yyyyyy
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Giudice
Visto 1' art. 129 CPP, espone quanto segue.
La Guardia di Finanza ha svolto un controllo di routine presso
la ditta di cui l'imputato è titolare e nei computer
di essa ha trovato numerosi programmi (software) in cui mancava
il numero di registrazione, o che non erano sul supporto originale,
o che erano privi di manuali, o che, pur essendo muniti della
prova di acquisto dal produttore, erano installati su più
computer di quanti previsti dal contratto.
Ha di conseguenza contestato al titolare della ditta il reato
di cui all’art. 171-bis comma 1 Legge 18 agosto 2000,
n. 248 che punisce “Chiunque abusivamente duplica, per
trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini
importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale
o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti
in supporti non contrassegnati dalla Società italiana
degli autori ed editori”, ritenendo che gli accertamenti
svolti costituissero prova sufficiente di una acquisizione
di un uso illecito del software.
Per completezza si precisa che nel caso di uso privato si
configura solo una sanzione amministrativa ex art. 174-ter.
Nessun altro accertamento è stato compiuto né
dai verbalizzanti né nel corso delle indagini preliminari.
In realtà ciò che è stato accertato
non prova affatto che l’imputato abbia detenuto programmi
duplicati o programmi duplicati illegalmente o che abbia agito
con il dolo richiesto né che abbia agito a scopo imprenditoriale.
Preliminarmente si rileva che non appare corretta l’interpretazione
secondo cui basta che un programma sia in uso presso un professionista
o una ditta per realizzare il richiesto “scopo imprenditoriale”.
Questa interpretazione è senza dubbio superficiale
perché lo scopo imprenditoriale non è costituto
dall’uso del programma da parte di un imprenditore (interpretazione
assurda che non consentirebbe di ritenere illegittimo lo stesso
comportamento posto in essere da una associazione ONLUS!),
ma, come reso chiaro dall’art. 171-ter, comma 2, legge
18 agosto 2000, n. 248, si riferisce alla condotta di chi
commette il fatto “esercitando in forma imprenditoriale
attività di riproduzione, distribuzione, vendita o
commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto
d'autore”. Quindi l’illecito configurabile è
semmai quello di cui all’art. 174-ter (basti pensare,
solo in base al buon senso, che non vi può essere differenza
di sanzione se un avvocato usa un programma di scrittura copiato
a casa sua piuttosto che nel suo ufficio senza dipendenti!).
Va poi rilevato che non esiste nel nostro diritto un obbligo
di registrarsi presso il produttore del software o di conservare
i documenti di acquisto.
Il produttore cerca ovviamente di costringere l’acquirente
di un programma a registrarsi nei seguenti modi:
- facendo sì che il programma non funzioni se l’acquirente
non si collega con il produttore per ricevere un codice che
attiva il programma; ma è evidente che nulla può
obbligare l’acquirente a rivelare la propria identità;
- offrendo servizi aggiuntivi, quale la garanzia;
- facendo credere all’acquirente che egli ha degli
obblighi contrattuali nati con l’acquisto del programma,
anche se effettuato sugli scafali di un self-service.
Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste
condizioni sono del tutto prive di valore.
Chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un
programma acquista incondizionatamente e senza limitazioni
perché in quel momento egli non conosce quanto sta
scritto (magari in inglese) all'interno della scatola. Dice
giustamente il Codice Civile che le condizioni generali del
contratto sono opponibili all’altro contraente se egli
le conosceva al momento della stipulazione nel contratto;
come può conoscerle l’acquirente se il venditore
non gliele fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare
l’oggetto e di incassare il corrispettivo?
Quindi tutti i tentativi di vincolare l’acquirente
con comunicazioni successive all’acquisto sono semplicemente
ridicole; le frasi “chi apre questa busta accetta le
condizioni” “chi vuole usare il programma clicchi
qui e accetti le condizioni” sono inesistenti per l’utente
del programma.
Anche la garanzia deve essere data dal venditore senza eccezioni
e non può essere subordinata a comportamenti che l’acquirente
non abbia espressamente accettato. E l’acquirente comunque
può sempre rinunziare alla garanzia.
Si aggiunga ancora che ad ogni modo l’acquirente ha
sempre il diritto di rivendere il programma acquistato, sia
nuovo che usato ed ha il diritto di farsi una copia di scorta.
Questo diritto è stato confermato dal Decreto Legislativo
n. 68 del 9 aprile 2003 con cui il legislatore nazionale ha
recepito la direttiva comunitaria 2001/29/CE afferente l'armonizzazione
di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi
nella società dell'informazione, il quale all'art.
71-sexies, comma 1, così recita:"È consentita
la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi
supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente
personale, purché senza scopo di lucro e senza fini
direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle
misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater".
E l’art. 71-sexies, comma 4, afferma quanto segue: “i
titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante
l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo
102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso
legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto,
ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare
una copia privata, anche solo analogica, per uso personale,
a condizione che tale possibilità non sia in contrasto
con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali
e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.”
Sotto il profilo del dolo è poi necessario tener presente
che nella maggior parte dei casi il titolare di una ditta
non si occupa personalmente dell’acquisto e della installazione
dei programmi, lasciando tali incombenze a tecnici più
esperti del normale utente finale e quindi l’apertura
della busta, la violazione di sigilli, l’OK alle condizioni
apparse sullo schermo, sono riferibili a soggetti diversi
dall’acquirente e dall’utente finale.
Possono quindi verificarsi le seguenti situazioni che, pur
in mancanza di licenza o registrazione, sono del tutto prive
di valenza probatoria:
- Il programma non è registrato perché l’acquirente
ha ritenuto legittimamente di non registrarsi o perché
ha omesso di far ciò per dimenticanza;
- Il programma è stato registrato, ma ciò non
risulta dalla copia in uso;
- Il supporto non è quello originale perché
viene usata la copia di riserva;
- Il venditore o installatore ha rifilato all’acquirente
inesperto una copia pirata;
- Accade che programmi un po’ vecchi vengano offerti
gratuitamente dal produttore su riviste per indurre il pubblico
ad acquistare la versione più aggiornata e compatibile
con le nuove versioni dei sistemi operativi;
- Il programma è stato acquistato usato;
- Il programma è stato acquistato all’estero
ed è quindi privo (legittimamente) di contrassegno
SIAE.
Si aggiunga che sono in regolare commercio in Internet i
cosiddetti programmi OEM i quali sono programmi sul CD originale,
destinati ad essere installati sui computer nuovi per la vendita
con esso e privi di manuale; il produttore di computer che
li ha acquistati dal produttore di programmi non potrebbe
forse destinarli ad altro uso in base al contratto di acquisto,
ma se li immette sul mercato non commette alcun illecito penale,
ma solamente un illecito contrattuale e di conseguenza la
copia è del tutto legittimamente in circolazione. E
chi lo installa è in possesso di dischetto originale
e delle corrette password o chiavi di accesso, pur non avendo
alcuna licenza o manuale e pur non avendo avuto alcun contatto
con il produttore.
Ciò significa che la prova del reato non può
essere desunta sic et simpliciter dal possesso di un CD privo
del contrassegno SIAE o di etichette originali, ma che in
ogni caso bisognerebbe risalire alla fonte del programma,
stabilire a chi è stato venduto originariamente, seguire
le sue vicende successive, fino ad ottenere la prova dell'acquisizione
illecita. In mancanza di questi accertamenti (a dire il vero
quasi sempre impossibili) manca la prova che il programma
sia una copia illegale e, quantomeno, che il detentore fosse
a conoscenza di tale illegalità.
PQM
Dichiara non luogo a procedere contro l'imputato perché
il fatto non costituisce reato.
Ordina la restituzione di quanto in giudiziale sequestro.
Bolzano, 31 marzo 2005.
La redazione di megghy.com |