January 20, 2004
"Disastro Italia" Globalizzazione e lobbying
Il mitico Beppe colpisce ancora e ne ha, come al solito,
per tutti:
Se la prende con le case farmaceutiche che hanno abbassato
i tassi per definire le patologie del colesterolo, del diabete
e dell'ipertensione: «Chi era sano ieri, oggi con gli
stessi valori delle analisi è malato». Mostra
un fumetto distribuito nelle scuole tedesche: «Serve
a convincere i bambini a chiedere ai genitori gli psicofarmaci
contro una sindrome scoperta di recente. L'editore del fumetto
è la multinazionale che ha scoperto la sindrome e produce
i farmaci per curarla».
. Oggi i personaggi come lui sono l'unica fonte di luce in
un mondo di oscurantismo culturale, scientifico e morale senza
nessun precedente storico. Peccato per Beppe, ci poteva infilare
in mezzo anche il fatto che "la lotta al colesterolo"
stesso e' una bufala!
Assolutamente da leggere, attentamente!
«Disastro Italia» (Fonte: L'Unita.it)
Dopo il crack Parmalat, Beppe Grillo sembra diventato quasi
più un guru che un comico. In teatri sovraffollati
spiega come il sistema si stia decomponendo, ci catapulta
in un'era segnata da un «imbarbarimento della specie»,
gli spettatori si sbellicano dalle risate e pensano con angoscia:
«e se fosse tutto vero quello che dice?». L’artista,
che da stasera al primo febbraio è al Teatro Sistina
di Roma con lo spettacolo Black Out, sul palcoscenico è
come un fiume: definisce la vicenda Parmalat, «la più
grande truffa del mondo», definisce Bush «il più
grande Imam della terra», constata che «mai come
oggi sono seguito, proclama che la corruzione «è
la base economica su cui poggia tutta l'economia occidentale».
Da quando ha iniziato trent'anni fa il suo «teatro»
apocalittico è rimasto quello di una risata rivelatoria,
di chi denuda il re. Rispetto al passato fa marcia indietro
solo su un punto: «Un tempo ero euroscettico, adesso
sono costretto a credere nell'Europa perché altrimenti
ci resta l'America di Bush».
Sulla scena Grillo rinnova di continuo i bersagli. Se la
prende con le case farmaceutiche che hanno abbassato i tassi
per definire le patologie del colesterolo, del diabete e dell'ipertensione:
«Chi era sano ieri, oggi con gli stessi valori delle
analisi è malato». Mostra un fumetto distribuito
nelle scuole tedesche: «Serve a convincere i bambini
a chiedere ai genitori gli psicofarmaci contro una sindrome
scoperta di recente. L'editore del fumetto è la multinazionale
che ha scoperto la sindrome e produce i farmaci per curarla».
Chiude le due ore di sofferte riflessioni sul palcoscenico
elencando le ultime denunce nei suoi confronti (una anche
di Previti) e invita il pubblico ad essere anche «un
po' buffone». È il suo modo di chiamare a raccolta
e coinvolgere la società civile. Si potrebbe quasi
definirlo un teatro movimentista.
Con il caso Parmalat lei sembra essere stato buon profeta.
Cosa prova?
Quando un comico diventa un premonitore di catastrofi di borsa
vuol dire che siamo alla frutta, che il sistema è collassato.
Ormai c'è gente che prima di comprare azioni del Mib
30 mi chiama a casa. Sono in imbarazzo. Nel 2001 parlando
dell'economia in generale dicevo che Cragnotti e Tanzi si
dividevano centinaia di miliardi pubblici. Sono loro i veri
comunisti d'Italia, come tutte le grandi imprese. Lei pensi
a un operaio dell'Urss di trent'anni fa: era anonimo e sostituibile,
come le Spa di oggi, non si sa chi sono. Non ci dobbiamo stupire
se il sistema costituito da banche, Consob, borsa e grandi
gruppi aziendali sta collassando. Ora, per fallire nel latte
più che essere disonesti bisogna essere scemi e spendere
miliardi nei cappellini di Lauda e grandi squadre di calcio:
è il complesso berlusconiano che hanno gli imprenditori
di provincia. E poi l'idea di fare la Coca-cola del latte...
Il latte è un prodotto perfetto con una tecnologia
di un milione di anni, esce già pronto per essere consumato.
Tanzi gli ha tolto le proteine e ne ha fatto una cosa a lunga
conservazione che non dovrebbe più chiamarsi latte,
ha studiato un prodotto per coprire gli investimenti. Faceva
un latte fresco a otto giorni e con queste allucinazioni prendeva
i soldi dallo Stato. Ha preso cospicui finanziamenti dalle
tasse degli italiani.
Pare che prima dello scandalo nessuno sapesse nulla e invece
lei, che è un attore, un comico, sapeva. Dove trova
queste informazioni privilegiate?
Ha mai provato a leggere un bilancio? C'è da morir
dal ridere. Quando andavo alle riunioni degli azionisti della
Telecom per sentir leggere i bilanci c'era da sbellicarsi.
Basta un ragioniere di terza categoria per capire. E poi c'è
un principio: se io mi faccio una società alle Cayman
sono una persona disonesta, anche se la legge lo permette.
Infatti stiamo assistendo negli ultimi anni alla nascita della
figura del delinquente che si percepisce come una buona persona.
È il fuorilegge a norma di legge. Provi a vedere i
bilanci delle società del Mib 30, uno qualsiasi: il
90% del loro patrimonio sono prestiti. Se uno possiede un'azienda
sana non la va a dividere con gli altri quotandola in borsa.
Applico princìpi di buon senso, da buon Genovese. Provengo
da una famiglia di industriali, ma gli industriali non erano
dei ragionieri come questi qua. Penso a Pirelli, Olivetti
o Piaggio, che faceva le Vespe in Italia e le vendeva nel
mondo.
Parla di un capitalismo classico al tramonto?
Oggi sono dei principianti senza un senso etico. Prendiamo
il concetto di Ford della catena di montaggio: un operaio,
nel '30, guadagnava da Ford l'equivalente di 150mila lire
al giorno perché fosse in condizione di comprare la
macchina che costruiva. Erano etiche diverse. Questi manager
sono fasulli. Bisognerebbe avere il coraggio di fare nomi
e cognomi, tirarli fuori e mandarli via dicendo loro o rischi
i tuoi soldi e metti la tua responsabilità illimitata,
o resti fuori. È una regola che stanno attuando negli
Stati Uniti, mentre in Italia abbiamo tolto il falso in bilancio,
rendendolo un reato amministrativo. Là rischi 25 anni
di carcere. Essere imprenditori è un'altra cosa, è
seguire le idee di Adam Smith che parlava di etica, delle
virtù del capitalista e di passioni. Lui era un umanista
e non ha mai pensato a questo tipo di economia, dove chi produce
la birra poi si fa le leggi sulla birra. Diceva che la tutela
era nelle mani dello Stato. Quindi questi sono finti capitalisti,
finti liberisti; hanno un'economia pianificata perché
fanno finta di farsi concorrenza, ma la concorrenza non c'è.
Quale responsabilità hanno le banche?
Non parliamo delle banche. Dovreste analizzare un contratto,
non ce n'è uno che si attenga alla legge della trasparenza.
Aggirano le leggi, come l'ipoteca che dura vent'anni e loro
la rinnovano tacitamente per prendere le spese di estinzione
dell'ipoteca, cose da denuncia. Su tutto il risparmio assistito
degli ultimi 15 anni, il 99% degli investitori ci ha rimesso
i soldi; gli unici guadagni sono venuti da Bot, Cct e buoni
postali. Negli Stati Uniti chi compra azioni può diventare
proprietario, dire la sua, qui in Italia gli azionisti non
possono dir nulla, alle riunioni nessuno può mettere
in discussione alcunché. Pochi mesi fa le più
grandi banche del mondo sono state multate in America con
1,4 miliardi di dollari per truffa aggravata agli azionisti
e ai correntisti. Quando in un contratto si dice che la banca
può rescindere, ma se lo faccio io devo pagare penali,
è una truffa legalizzata. Se la banca mette delle spese
solo per ricevere i soldi che le restituisco dopo un prestito,
questa è una truffa. Sono tutte truffe. Ci sono persone
che non hanno accesso al credito, mentre persone che non avrebbero
dovuto averlo lo hanno, come questi grandi industriali.
Cosa vuol dire tutto questo?
Che il sistema sta marcendo, questi ne sono i sintomi: se
non li curiamo adesso sarà troppo tardi. Oggi vediamo
una bella vetrina, ma non c'è più il negozio.
La gente arriva al 15 e non più al 30 del mese, non
si ammazza più da sola, prima uccide tutta la famiglia
e poi si suicida. Sono sintomi di un'umanità che non
vede il futuro. Sono tutti proiettati nel passato e nessuno
ha un'idea del futuro. Alla Confindustria nessuno pensa di
cambiare i sistemi produttivi ed energetici. L'ambiente, fanno
finta che non ci sia. Parlano di flessibilità perché
pensano ancora a lungo che ci saranno poveracci che lavorano
per pochi dollari la settimana. C'è ansia e rabbia
nella gente. Per questo ho sempre più pubblico. Hanno
tutti un'ansia e non sanno perché, sperano che io glielo
dica e invece ce l'ho anche io quest'ansia.
Dal suo teatro si aspetta una reazione o una mobilitazione
della società civile?
Direi di sì. A me piace far ridere con argomenti serissimi.
È la mia caratteristica: parlo di cose di fronte a
cui la gente resta stranita. Anticipo l'attualità,
facendo un lavoro che dovrebbe fare ogni giornalista onesto.
Lavoro quattro mesi e otto mesi giro nei teatri. Reperisco
informazioni andando alla fonte, leggo i libri di gente che
vede il mondo in un altro modo da anni. Perché per
me il teatro è un luogo dove la gente viene, si siede
e ascolta. Lo scopo è destare il senso critico, ma
anche esortare tutti ad essere un po' cialtroni, anarchici
e buffoni. Dico: disegnatevele voi di notte le piste ciclabili,
fate qualcosa! Oggi serve una chiave di decodifica perché
facciamo guerre di marketing, morti di marketing e abbiamo
piazzisti ai governi che si fanno le leggi. E siamo solo all'inizio.
Lei ha fatto televisione con eccellenti ascolti: 22 milioni
al Festival di Sanremo, 15 milioni nel recital del 1994. Se
dovessimo seguire le regole dell'auditel dovrebbe avere una
rubrica su Rai 1 ogni prima serata.
Se portassi in diretta su Rai 1 lo spettacolo che faccio oggi
in teatro sono sicuro che cadrebbe il governo. Non perché
sia io, ma perché si tratta di cose a cui basta dare
una spallata e vanno giù da sole. Sono tutte costruite
sul nulla: su elezioni a cui nessuno partecipa, su democrazie
che sono ormai concetti vuoti e su un popolo sovrano che non
c'è più. La televisione dovrebbe essere super
partes, dovrebbe essere potente, far paura e riuscire a buttare
giù un governo in 24 ore se non merita di stare su.
Dovrebbe essere la forza dell'informazione, ma mi viene da
ridere: siamo arrivati al giornalista che si autocensura per
far piacere al potere.
Che rapporto ha ora con la tv?
Consiste nel guardare un programma con i miei cari e esclamare
insieme: che culo che non ci sono! Non faccio parte di quel
mondo lì e ne sono orgogliosissimo. A Milano abbiamo
fatto 40.000 presenze attaccando due manifesti, a Roma neanche
quelli perché i posti sono andati via in due settimane.
Per me è un momento magico: più si incancrenisce
la situazione più divento una belva.
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