Internet banking e riciclaggio di denaro sporco.
Secondo le più qualificate e molteplici fonti, viene
spesso ripetuto che gli enormi profitti realizzati dalla criminalità
organizzata, dall’estorsione all’usura, dal traffico
internazionale di stupefacenti alla tratta degli esseri umani,
dal traffico di armi alla corruzione e concussione nella Pubblica
Amministrazione, vengono sovente “riciclati” anche
e soprattutto attraverso la utilizzazione degli strumenti
più sofisticati offerti dalla moderna tecnologia informatica,
quale appunto “Internet banking”.
Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (G.A.F.I.),
nato nel 1989, al quale aderiscono una trentina di Paesi,
fra i quali l’Italia, fra le 40 ormai famose Raccomandazioni,
rivolgendosi a tutte le Istituzioni Finanziarie, ha fra l’altro
enunciato di:
Procedere all’identificazione del cliente in fase di
allacciamento di una relazione d’affari sulla base di
un documento in corso di validità (Racc. nr.10);
Prestare un’attenzione speciale ai rischi di riciclaggio
insiti nelle nuove tecnologie, che possono favorire l’anonimato
(Racc.nr.13).
Il nostro Paese, prima e meglio di altri, ha assecondato in
pieno gli auspici del prefato Organismo internazionale, attraverso
la Legge nr.197/91 “Provvedimenti urgenti per limitare
l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni
e prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario
a scopo di riciclaggio” . Una serie di mirate normative
emanate successivamente hanno meglio disciplinato alcune procedure
operative ovvero ampliato la gamma dei soggetti economici
e giuridici obbligati al rispetto di specifici adempimenti,
l’ultima delle quali, in ordine di tempo, è stato
il Decreto Legislativo nr.56 del 20 febbraio 2004 –
Attuazione della direttiva nr.2001/97/CE in materia di prevenzione
dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio
dei proventi da attività illecite – a mezzo del
quale sono state aggiunte numerose figure professionali nella
lotta al riciclaggio di denaro sporco (Notai, Avvocati, Commercialisti,
Consulenti del lavoro, Revisori contabili).
La ripetuta Legge nr.197/91, con l’art.2, impone all’intera
platea degli Intermediari abilitati, prima fra tutti le Banche,
la completa e corretta identificazione del cliente che accende
il rapporto, ovvero la registrazione delle operazioni poste
in essere allorquando superino determinate soglie quantitative.
Ciò detto, se il rapporto con la clientela viene instaurato
con la massima trasparenza e soprattutto nel rispetto del
precetto normativo, non si comprende in alcun modo tanto allarmismo
nell’uso dell’innovativo strumento offerto dalla
moderna tecnologia. E’ noto infatti che il servizio
di “Internet Banking”, consente la gestione on
line di tutti i rapporti in essere con la propria banca, potendo
operare in completa autonomia, stando comodamente a casa e
senza recarsi materialmente allo sportello (verificare la
disponibilità del conto, disporre bonifici trasferendo
risorse anche ingenti da un continente all’altro, verificare
l’esito di un proprio assegno ovvero l’andamento
dei propri investimenti).
In altri termini, l’Istituzione finanziaria e la società
civile in genere, non deve temere questo strumento tecnico,
nella misura in cui, attraverso gli appositi Organi di controllo,
riesce ad assicurare la necessaria trasparenza delle operazioni
ed un’approfondita conoscenza della clientela, ivi compresa
quella che effettua le operazioni senza recarsi al tradizionale
sportello.
Ciò significa che, l’operazione posta in essere
dal cliente dal salotto di casa - già identificato
nel rispetto della norma all’atto dell’accensione
del rapporto, ovvero conosciuto in modo adeguato dalla Banca
- deve presentare caratteristiche coerenti al profilo soggettivo
dello stesso cliente, salvo essere “segnalato”
per operazione sospetta dalla stessa Banca in caso contrario.
Facciamo qualche esempio:
disporre un bonifico a favore di altro soggetto allocato
in un Paese Off Shore, o comunque non cooperativo, magari
anche di importo ingente, in assenza di un’attività
economica e/o una fattura passiva che lo giustifichi;
effettuare transazioni recanti un importo cadauna appena
al di sotto della soglia obbligatoria di registrazione in
Archivio Unico Informatico (€.12.500,00);
alimentare il proprio conto corrente con risorse non confacenti
all’attività economica esercitata, ovvero dichiarata
all’atto dell’accensione del rapporto;
mostrare indisponibilità o comunque riluttanza a fornire
chiarimenti, a fronte di specifiche richieste rivolte dalla
Banca in ordine ad operazioni effettuate.
Sulla scorta di quanto detto, anche per esperienza vissuta
direttamente nell’ambito dall’attività
di controllo come Responsabile Antiriciclaggio di un Gruppo
bancario, posso tranquillamente affermare che il “Riciclaggio
di denaro sporco” è direttamente proporzionale
alla inosservanza delle norme ovvero alla inefficienza del
sistema di vigilanza.
Posto che la “Rete Internet” rappresenta ormai
la quotidianità del nostro essere, non possiamo temerla,
ma utilizzarla nei suoi molteplici aspetti, intesi come business
o tempo libero pur nel rispetto della legalità. Se
conveniamo su queste premesse, per quanto abbastanza ovvie,
forse dobbiamo rafforzare l’obbligo della corretta identificazione
del cliente, facilitando l’introduzione di nuove procedure
atte a migliorare la conoscenza del cliente (diffondendo per
esempio l’elenco dei grandi latitanti, dei soggetti
gia condannati per gravi delitti di associazione mafiosa),
consentendo l’esecuzione di operazioni solo su rapporti
accesi con metodo tradizionale “face-to face”
e, non ultima, una maggiore collaborazione internazionale,
soprattutto per la c.d. “Identificazione a distanza”
della clientela.
Diversamente, cari Signori, e mi riferisco a coloro i quali
sembrano tanto allarmati dall’Internet banking, significherebbe
aver paura del progresso, delle nuove opportunità e
del nostro stesso futuro.
Bisogna invece dare una decisa accelerazione alla cultura
della legalità, che deve costituire il fine ultimo
di un percorso formativo, all’interno del circuito finanziario
e non solo, ove, anche commentando gravissime vicende di cronaca
(casi Parmalat, Cirio, Enron etc.), bisogna comprendere il
senso delle regole prima condivise e poi, speriamo non impunemente,
gravemente violate.
Si ringrazia Giovanni Falcone per la collaborazione.
giovannifalcone@excite.it
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