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Il provvedimento in commento affronta la problematica relativa
alla legittimità della procedura di cui al disposto
dell’art. 86 del D.P.R. 602/73, laddove si parla di
“fermo di beni mobili registrati”.
Nel caso di specie nei confronti del ricorrente era stato
disposto, da parte del concessionario della riscossione
tributi, il fermo dell’autovettura sostenendo l’esistenza
di un mancato pagamento di un carico scaduto portato da
cartella esattoriale di cui nel provvedimento impugnato
si faceva appena cenno e solo mediante l’indicazione
del numero.
Veniva quindi attivata la procedura d’urgenza ex
art. 700 c.p.c., anche in vista del futuro giudizio di merito
relativo al risarcimento dei danni derivati dall’illegittimo
provvedimento. Il procedimento d’urgenza risultava
compatibile con il caso di specie rientrando, infatti, la
impugnata procedura nel novero delle disposizioni dettate
per la riscossione dei tributi, e tanto anche in considerazione
del fatto che sussiste in capo al Giudice Ordinario il potere
di sospendere in via cautelare ex art. 700 c.p.c., ed anche
inaudita altera parte, la riscossione (cfr. Trib. Napoli,
24/4/99, in Giur. Merito, 1999, 1073; Trib. Bologna, 22/7/98,
in Giur. It., 1999, 206; Trib. Venezia, 14/11/96, in Riv.
Giur. Trib., 1997, 281; Pretura Bari, 26/3/91, in Bollettino
trib., 1992, 381).
Ad onta di tale primo dato idoneo all’attivazione
del procedimento cautelare, lo stesso risultava (e risulta)
ammissibile in quanto dal provvedimento impugnato non era
dato conoscere quale fosse, a monte, la natura del presunto
credito posto a base dell’attivata procedura.
La stessa mancata indicazione nell’impugnato provvedimento
della natura del credito, o quanto meno di qualsiasi altro
riferimento all’Ente originariamente creditore, ha
riverberato i suoi effetti, come evidenziato nell’ordinanza
in commento, in ordine alla questione relativa alla legittimazione
passiva ed in ordine alla assenza di qualsiasi litisconsorzio
necessario.
La decisione pone, pertanto, in evidenza la necessità
di ritenere unico legittimato passivo il Concessionario
in quanto dal provvedimento impugnato “non è
dato affatto evincere quale sia l’ente pubblico che
ha irrogato la sanzione amministrativa o ha, comunque, imposto
il tributo rimasto inevaso”.
Il Giudicante osserva, poi nel merito, che il Concessionario
non ha dato prova di aver effettuato gli adempimenti di
cui all’art. 50 del D.P.R. 602/73 ( “decorso
inutilmente il termine di cui all’art. 50, 1°
comma, il concessionario può disporre il fermo dei
beni mobili”). Infatti il Concessionario non risulta
aver dato la prova della notifica della cartella esattoriale,
né, quindi, di aver attivato la procedura decorsi
sessanta giorni dalla notifica stessa.
Ma a ben vedere anche altri motivi, pur evidenziati dal
ricorrente, avrebbero giustificato la revoca del fermo.
Innanzitutto la insussistenza del potere di disporre il
fermo. Anche se tra le righe del provvedimento del Tribunale
è dato leggere che “la normativa legittimante
la cautela speciale in contestazione sussiste e, segnatamente,
deve ravvisarsi nell’art. 86 DPR 602/1973, così
come modificato dall’art. 1 lett. q) del D. L.vo 193/2001,
così come integrato dal decreto del Ministro delle
Finanze espressamente richiamato dalla norma in commento”,
mi permetto non essere d’accordo con tale impostazione.
La problematica merita una dettagliata analisi della fattispecie
e una ponderazione anche relativamente al veloce susseguirsi
nel tempo di modifiche al testo dell’art. 86 del D.P.R.
602/73. Il vigente art. 86, al quarto comma, in virtù
dell’art. 16 del D. lgs. 26/2/99 n. 46, richiede l’emanazione
di apposito decreto del Ministro delle Finanze in concerto
con i Ministri dell’Interno e dei Lavori Pubblici.
La funzione di tale decreto, ancora non emanato, doveva
essere quella di stabilire “la modalità, i
termini e le procedure per l’attuazione di quanto
previsto nel presente articolo”. Ora se è vero
che il fermo è stato introdotto dal D. Lgs. 669/96
e dal decreto attuativo n. 503 del 7/9/98, è pur
vero che oggi la disciplina del fermo non è più
quella originaria del D. Lgs. 669/96, in base al quale è
stato emanato il regolamento del 1998. Ne deriva, non solo
per espressa volontà del legislatore ma anche per
ragioni pratiche, la necessità di attualizzare il
regolamento.
Pertanto dal combinato disposto dell’art. 86 D.P.R.
602/73, così come introdotto dal D. Lgs. 669/96,
e dell’art. 3 del D.M. 7/9/98 n. 503 al fermo poteva
giungersi dopo una minuziosa sequela di atti. All’interno
di tale sequela il fermo, addirittura, era finalizzato al
pignoramento del bene mobile registrato, e poteva “scattare”
solo in seguito a pignoramento mobiliare negativo o incapiente
e verbale di mancato reperimento dell’autoveicolo.
Con modifica dovuta all’art. 16 del D. Lgs. 26/2/99
n. 46, dal corpo dell’art. 86 del D.P.R. 602/73 veniva
eliminata la previsione relativa alla necessità del
pignoramento mobiliare negativo o incapiente occorrendo,
però, pur sempre il verbale di mancato reperimento
prima di disporre il fermo.
Con detto decreto legislativo veniva introdotta la necessità
di provvedere alla emanazione di apposito decreto di attuazione
essendo implicitamente non consono alla nuova natura del
fermo quello precedente (D.M. 503/98).
Più di recente l’art. 1 lett. q) del D. Lgs.
27/4/01 n. 193 ha modificato ulteriormente l’art.
86 D.P.R. 602/73, ma unicamente nel suo primo comma ovvero
eliminando anche il necessario passaggio del verbale di
mancato reperimento del veicolo. Detto ultimo aspetto è
stato sostituito con la previsione dell’inutile decorso
del termine di cui all’art. 50, comma 1, D.P.R. 602/73.
Nulla, però, è cambiato in ordine alla necessità
della emanazione di apposito decreto di attuazione, che,
quindi, pur essendo requisito essenziale per l’applicazione
del riformato fermo non è mai stato emanato provocando
di fatto l’impossibilità di operare del fermo.
La mancanza del decreto di attuazione rende, pertanto, inesistente
il potere di disporre il fermo (cfr. sul punto Italia Oggi,
23/11/2002, p. 26 – articolo dal titolo Illecito il
fermo cautelare dell’auto), anche in considerazione
della regola che una norma risulta inapplicabile in mancanza
del previsto regolamento di attuazione (cfr. Corte Conti,
sez. contr., 1/9/97 n. 120, in Riv. Corte Conti, 1997, fasc.
5, 1).
Erroneamente, quindi, si ritiene sussistente il decreto
di attuazione, in quanto l’unico esistente –
pure richiamato nel provvedimento in commento – è
quello del 1998 che in virtù del disposto dell’art.
16 del D. Lgs. 26/2/99 n. 46 è stato del tutto reso
inefficace. Né vale sul punto sostenere che il precedente
decreto (503/98) è perfettamente in vigore nelle
parti in cui non è incompatibile con la disciplina
generale dell’attuale fermo. Non è dato rinvenirsi,
infatti, nel nostro ordinamento alcun dato avallante tale
tesi.
Altro dato da evidenziare, e sul quale il Giudicante non
ha ritenuto di doversi pronunciare nella fase cautelare,
è quello relativo alla corretta applicazione degli
artt. 50 e 86 del D.P.R. 602/97.
E’ pacifico che la procedura prevista dall’art.
86 del D.P.R. 602/73 rientra nel novero della espropriazione
forzata (rectius riscossione coattiva) dovendosi, pertanto,
applicare tutta la disciplina dettata in materia dal D.P.R.
602/73 ed in modo particolare occorre tenere presente il
dettato dell’art. 50, pure espressamente richiamato
nell’art. 86.
Orbene occorre, a mente dell’art. 50, comma 2, rispettare
tassative modalità nel caso in cui l’espropriazione
forzata non è iniziata entro un anno dalla notifica
della cartella esattoriale. E’ chiaro, infatti, che
se dalla data di notifica della cartella esattoriale (nel
caso che ci occupa alcuna indicazione della data di notifica
si rinviene nella comunicazione che ha disposto il fermo)
è decorso più di un anno, occorre, prima di
dar corso a qualsiasi ulteriore procedura – ivi compresa
quella del fermo -, la notifica di un avviso contenente
l’intimazione ad adempire l’obbligo risultante
dal ruolo entro cinque giorni.
Infine, ad una attenta analisi l’art. 86, comma 1,
del D.P.R. 602/73 potrebbe prestare il fianco ad eccezioni
di incostituzionalità. Non è difficile intravedere,
ad oggi – così come è disciplinato (o
meglio non disciplinato) e strutturato il fermo –,
la manifesta incostituzionalità per violazione dei
principi di cui all’art. 24 Cost.. Una norma, infatti,
che si limita a disciplinare unilateralmente, e ad esclusivo
favore della P.A. (o meglio in concreto del suo organo indiretto
– concessionario ), una procedura senza che siano
dettati correttivi né previste tutele per chi ne
subisce gli effetti (cittadino) è norma incostituzionale.
Ciò quanto meno per violazione del diritto di difesa.
Non resta che attendere ulteriori provvedimenti che possano
statuire anche in ordine alle obiezioni qui sollevate e
che non hanno trovato albergo nella decisione del Tribunale
di Nocera Inferiore.
(Nota a cura dell'Avv. Michele Laperuta).
Proc. n. 19/2003 R.G. Proc Spcc.
TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE
Prima Sezione Civile
Il GD
sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede;
letti gli atti del procedimento in epigrafe emarginato,
avente ad oggetto:
l'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c., volta ad ottenere
la revoca del fermo amministrativo;
tra: M. A., rappresentato e difeso dall'avv. Michele Laperuta,
presso il cui studio elettivamente domicilia in Pagani al
Corso E. Padovano, 82;
e E.T.R. s.p.a. Servizio Riscossione Tributi di Salerno,
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato
e difeso dagli avv. G. F. e A. G. , presso lo studio di
quest'ultimo elettivamente domiciliato in Nocera Inferiore
alla via ----------;
OSSERVA
Va, subito, precisato che la sussistenza della legittimazione
passiva dell'ente convenuto, quale concessionario di servizio
pubblico, nominato commissario governativo per il servizio
di riscossione dei tributi nell'ambito provinciale di Salemo,
va verifìcata alla luce della disposizione generale
contenuta nell'ari 100 c.p.c.; per cui, laddove la lite
instaurata non concerna esclusivamente la regolarità
e validità degli atti esecutivi, relativi alla esazione
della somma ingiunta dalla cartella esattoriale, ma la sussistenza
dello stesso potere impositivo, per cause originarie e/o
sopravvenute che escludano la debenza del tributo in contestazione,
la legittimazione, passiva va ravvisata in capo all'ente
pubblico impositore (cfr. Cass. Civ. sez. I, 07/12/2001,
n. 15499;Cass. Civ. sez. III, 09/04/ 001. n 5277).
Tuttavia, sebbene l'azione di merito ipotizzarle, nel caso
di specie, sia quella di cui agli agli artt. 22 e 23 1.
689/1981 - oltre che quella di risarcimento del danno provocato
dalla illegittima attività della p.a. - dalla documentazione
versata in atti e dalla stessa produzione dell'ente convenuto
non è dato affatto evincere quale sia l'ente pubblico
che ha irrogato la sanzione amministrativa o ha, comunque,
imposto il tributo rimasto invaso; per cui la legittimazione
passiva, allo stato, deve essere ravvisata solo nei confronti
l'ente deputato alla riscossione.
Venendo, quindi, al merito della vicenda in esame deve
pure dirsi che, ad onta di quanto affermato in ricorso,
la normativa legittimante la cautela "speciale'' in
contestazione sussiste e, segnatamente, deve ravvisarsi
nell'ari. 86 DPR 602/1986, così come modificato dall'art.
1 let. q) del D. L.vo 193/2001, così come integrato
dal decreto del Ministro delle Finanze espressamente richiamato
dalla norma in commento.
Ciò nondimeno, il ricorso nel merito fondato e va
accolto per quanto di ragione.
Invero, l'ente convenuto nel costituirsi non ha prodotto
alcun atto amministrativo o documentazione da cui poter
inferire la legittimità della procedura di esazione
intrapresa e nel cui ambito la misura cautelare del fermo,
disposta in via di autotutela,veniva adottata; non essendo
dato conoscere neanche la "natura" e, in particolare,
il fondamento e presupposto della imposizione del tributo
a cautela del quale il fermo medesimo veniva disposto.
Di tal che l'azione di merito ipotizzabile deve essere
necessariamente duplice, essendo illegittimo sotto duplice
profilo il provvedimento impugnato.
In effetti, laddove la somma ingiunta trovasse il suo presupposto
e antecedente logico giuridico in una sanzione amministrativa
rimasta inevasa, l'ente convenuto avrebbe dovuto dar prova
di aver proceduto alla contestazione della violazione amministrativa
e alla notifica della cartella esattoriale entro i termini
all'uopo stabiliti dalla L. 689/81 o dal D. L. vo 285/92,
condizioni imprescindibili per una legittima imposizione
della somma oggetto dell'imposizione; ma vi è di
più, seppure il tributo dovesse trovare il suo fondamento
e presupposto in altra normativa - così come pure
osservato dal ricorrente - l'E.T.R. convenuto avrebbe dovuto
dar prova di aver effettuato gli adempimenti di cui all'alt.
50 del DPR 602/1973, giacchè l'art. 1 lett. q) del
D. L.vo 193/2001 dispone : "......decorso inutilmente
il termine di cui all'ari. 50, 1° comma, il concessionario
può disporre il fermo dei beni mobili....",
chiaramente lasciando evincere che l'invano spirare del
predetto termine si ponga come condizione legittimante la
cautela de quo.
Ne avrebbe potuto altrimenti opinarsi data la natura cautelare
del fermo in parola che, perciò, può essere
disposto solo laddove il concessionario abbia inutilmente
richiesto il pagamento del tributo; non potendo venire in
rilievo alcuna esigenza cautelare da soddisfare, senza il
perdurante inadempimento dell'obbligato.
A tal proposito, del tutto priva di pregio si appalesa
l'eccezione sollevata dall'ente concessionario, che ha lamentato
la definitività del tributo, per non essere stata
proposta opposizione nei termini di legge; infatti, il vizio
procedimentale contestato nell'atto introduttivo consiste
proprio nella mancanza di qualsivoglia ingiunzione di pagamento
anteriore alla notifica del fermo amministrativo in questione;
nè l'ente convenuto medesimo, in adempimento dell'onus
probandi su di lui gravante, ha dato dimostrazione di aver
fatto precedere la cautela in discussione da idonea intimazione
di pagamento ex art. 50 DPR 602/1973 richiesta. Ne deriva
che, deve ritenersi sussistente il fumus boni iuris della
pretesa in questa sede azionata.
Quanto al periculum in mora deve senz'altro ritenersi sussistente
per gli ampi margini di "autotutela" che la legge
riconosce sianche in capo al concessionario di pubblico
servizio di riscossione e che, perciò, vede il privato
in una posizione di "soggezione" tale da essere
sottoposto a misura cautelare di fermo anche laddove l'ente
imposistore non ha provveduto a richiedere il pagamento
del tributo nelle forme ex lege prescritte nè ha
lasciato precedere "tale fermo dall'inutile decorso
del termine ex art. 50, 1° com. DPR 602/1973, sì
come dall'art. 86 DPR 602/1973, così come modificato
dall'art 1 del D. L.vo 193/2001, stabilito.
Le spese di lite, stante il disposto dell'ari 669-sexies
c.p.c., devono essere demandate alla statuizione di merito.
Letti gli arti 669-bis - 700 c.p.c.;
PQM
Accoglie il ricorso in oggetto specificato e per l'effetto
dispone la revoca del fermo amministrativo
dell'autovettura ALFA ROMEO ……TG …….
di proprietà di M. A. residente in via ……,
Pagani (SA).
Ordina all'ente concessionario del pubblico servizio di
riscossione per la provincia di Salemo E.Tr. s.p.a., in
persona del legale rappresentante p.t, di procedere alla
cancellazione dello stesso e ad ogni provvedimento consequenziale.
Assegna il termine di giorni venti per l'inizio del giudizio
di merito.
Spese al definitivo
Si comunichi.
Nocera Inferiore, lì 17/02/2003
II G.D.
Dr. M. D'Avino
Depositata il 4/3/03
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La redazione di megghy.com
articolo riportato dal sito:altalex.com
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