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La nuova prassi, adottata dai concessionari della riscossione
dei tributi di tutta Italia di procedere al fermo amministrativo
dell’auto del debitore per presunte vecchie contravvenzioni
alle norme del codice della strada, ha assunto una proporzione
di enorme vastità e di allarme sociale. Il successo
di tale operazione, con enorme soddisfazione dell’esattore,
è dovuto a seguito dell’applicazione letteraria
del rinnovato articolo 86 del Dpr 602/73, recentemente introdotto,
che consente di disporre il fermo, senza alcun controllo
da parte delle autorità della pubblica amministrazione,
semplicemente “ordinando” al PRA di trascrivere
il provvedimento: operazione che viene attivata attraverso
una comunicazione per via telematica. Entro cinque giorni
dall’annotazione, l’esattore informa, con lettera
raccomandata, il debitore e l’Ufficio delle Entrate,
al quale in precedenza spettava la gestione della procedura
e che, per l’effetto della sopravvenuta normativa,
ha perso ogni controllo preventivo sulla regolarità
delle procedure adottate dall’esattore e sulla verifica
della sussistenza a monte di un valido titolo esecutivo.
Il fermo amministrativo non è un pignoramento, ma
una nuova misura di tipo cautelare, prevista dalla nuova
normativa, che comporta la perdita delle garanzie assicurative
e il sequestro del mezzo, se usato durante il periodo d’inibizione.
Esso può essere attuato a sorpresa, decorsi 60 giorni
dalla notificazione della cartella di pagamento, anche nel
caso che si tratti di un bene impignorabile perché
considerato veicolo strumentale adibito per attività
lavorative. Tale prassi è abusiva perché illegittima
e viola l’articolo 86 Dpr 602/73, ultimo comma, che
richiede un decreto, non ancora emanato, che stabilisca
“le modalità, i termini e le procedure per
l’attuazione di quanto previsto”. Di conseguenza,
in difetto di un regolamento di applicazione, non è
dato sapere l’indicazione della somma minima che giustifichi
uno strumento tanto drastico, le norme per opporsi al provvedimento
o sospenderlo, la disposizione che vieti il fermo di veicoli
strumentali indispensabili per il lavoro quotidiano, non
solo dei tassisti e rappresentanti di commercio. L’applicazione
di tale prassi comporta la violazione dell’art. 24
della Costituzione, che garantisce il diritto di difesa,
e della legge 241/90, sulla trasparenza degli atti amministrativi,
mancando addirittura l’indicazione del termine e dell’autorità
a cui poter adire per far valere le proprie ragioni. La
mancanza del decreto attuativo, espressamente previsto dalla
legge, non autorizza le esattorie a procedere autonomamente
e senza alcun controllo, ma rende inesistente il potere
di disporre il fermo, in quanto un precetto privo della
normativa di attuazione è un precetto inapplicabile.
Si deduce che è ipotizzabile una denuncia penale
per abuso d’ufficio a norma dell’art. 323 cp,
perché la Magistratura possa verificare se un atto
attuato, nella consapevolezza che non esistono le norme
di attuazione prescritte dall’art. 86 Dpr 60/73, configuri
una violazione di legge con l’intenzione di procurare
ad altri un danno ingiusto ed un lucro all’esattore.
Le modalità di difesa si possono ottenere rivolgendosi
all’AUA, Associazione Utenti Auto, o visitando il
sito www.aua.it.
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