Nella immediatezza del gravissimo attentato terroristico dell’11
settembre 2001, che sembra aver caratterizzato l’inizio
del nuovo millennio, tutti ricordiamo la grande testimonianza
di solidarietà manifestata dal mondo civile verso gli
Stati Uniti ed i familiari delle tante vittime del massacro.
Allora, all’unisono, dicemmo in coro: “SIAMO
TUTTI AMERICANI”.
Il senso di quella frase era quello di rispondere, tutti
insieme, agli strateghi dell’attacco terroristico di
matrice islamica: “Noi occidentali, ci sentiamo tutti
colpiti, reagiremo insieme a tutto il popolo americano. Reagiremo
sotto un’unica bandiera, quella della civiltà,
della tolleranza fra i popoli, della libertà e del
benessere.”
La reazione non è stata istintiva, bensì ragionata
e pianificata. Si è cominciato a parlare di “guerra
preventiva”, cioè di trovare il modo di colpire
il nemico prima di subirne gli effetti in casa propria, così
come il devastante attacco alle Torri Gemelle aveva già
dimostrato.
La strada è lunga e tutta in salita. I sacrifici fatti
e da fare sono ancora tanti, anche in termini di vite umane.
La libertà costa cara.
Oggi, quello stesso presidente americano, George W. Bush,
in Olanda, durante un tour europeo, rende onore a una generazione
che si sacrificò perché noi potessimo crescere
in un mondo libero.
Nel deporre una corona al locale cimitero di guerra di Margraten
(Olanda), in onore ai caduti della Seconda Guerra Mondiale,
Bush ha collegato l’omaggio alla generazione che sconfisse
il nazifascismo al ruolo della nostra e prossima generazione,
per la grande responsabilità che avremo per difendere
la libertà e la democrazia.
E’ questo il nostro compito, l’unico e vero impegno
della nostra generazione.
Ora, alla luce del quadriennio che ci separa dal gravissimo
attentato terroristico delle Torri Gemelle, vorrei chiedere:
dov’è finita la solidarietà nata sulle
ceneri delle Torri Gemelle?
Siamo sempre americani? Vorrei tanto sperare che la riposta
fosse SI…
Bari, 08 maggio 2005
giovannifalcone@excite.it
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