“Parmalat”, le tante verità di un disastro
La vicenda “Parmalat”, secondo le testimonianze
dei protagonisti, quasi tutti in stato di arresto, ha assunto
una dimensione di tali proporzioni, che qualunque commento
non potrà che apparire riduttivo in relazione all’entità
dell’ammanco.
Se è vero che le disgrazie non vengono mai da sole,
possiamo constatare che, l’inizio del nuovo millennio,
che sembrava caratterizzarsi per l’inaudito e feroce
attacco terroristico dell’11 settembre 2001, andrà
ricordato anche per i molteplici scandali finanziari succedutesi,
dal caso Enron, WorldCom, Cirio, Banca 121 etc..
Mentre attendiamo fiduciosi l’esito del difficile
lavoro degli Organi Inquirenti, finalizzato ad individuare
e circoscrivere nel merito le innegabili e gravissime responsabilità
penali e amministrative, che già stanno emergendo in
capo ai vari autori del semplice ma efficace sistema di truffa,
come comune cittadino, mi chiedo: “COM E’ POTUTO
ACCADERE UN DISASTRO DI TALI DIMENSIONI PERALTRO PREVEDIBILE
DA OLTRE 10 ANNI. DOVE STA’ L’ANELLO DEBOLE?”.
Come sempre accade in ogni grave emergenza che si rispetti,
si parla di cambiare le regole, in modo da tutelare meglio
il risparmiatore, assicurando quella trasparenza che, secondo
l’opinione più qualificata, sembra essere mancata
nella circostanza.
Nessuno può fondatamente sostenere il contrario,
è la stessa gravità del disastro a imporre un
cambiamento di rotta.
Posto che il sistema dei controlli, ad ogni livello e, pare,
in tutto il mondo, non ha funzionato, si tratta di capire
cosa va cambiato, quale direzione di marcia bisognerà
prendere. Dobbiamo partire dall’alto o dal basso? Forse
è meglio cambiare tutto! Spesso cambiare tutto, potrebbe
indurre a credere che non si cambierà niente! Una volta
cambiato, in un senso o nell’altro, si potrà
essere ragionevolmente certi di non far rivivere a centinaia
di migliaia di famiglie il dramma di questi giorni? Con gli
accorgimenti che si andranno ad introdurre, possiamo pensare
di recuperare quella necessaria ed indispensabile credibilità,
quella fede pubblica che oggi, in misura significativa, appare
compromessa?
Prima di immaginare una “Riforma”, a mio avviso
dobbiamo tentare di capire se la causa del disastro, è
stato un problema di “regole” o più semplicemente
un problema di “Etica”.
Scevri da ogni preconcetto, esaminiamo insieme i due aspetti,
A leggere le regole esistenti, vediamo che il ruolo, il compito
e le funzioni del Collegio Sindacale in una Società
di capitale, sono così dettagliati che, ove avessero
fatto la metà del loro dovere, oggi non staremmo a
parlare della “Vicenda Parmalat”. Gli stessi,
con i loro Verbali, i tanti Consigli di Amministrazione ai
quali hanno partecipato, hanno avvallato e certificato per
decenni le loro “verità”, risultate scritte
sulla sabbia.
Senza parlare dell’Audit interno, dei possibili Comitati
di Controllo pure esistenti, considerata la dimensione del
Gruppo Imprenditoriale, possiamo ripetere le stesse considerazioni
per le Società di Revisione.
Se ciò è vero, prima di parlare di nuove regole,
preoccupiamoci di fare in modo che vengano rispettate quelle
che ci sono, cominciando a separare la “proprietà”
dal “controllo”, con l’auspicio che al giudizio
finale davanti al Giudice naturale le “aggravanti”
siano significativamente prevalenti.
Così facendo, forse senza volerlo, riusciremo a recuperare
un senso dell’Etica che sembra, se non perduto, almeno
smarrito.
30.03.2004
Si ringrazia Giovanni Falcone per la collaborazione.
giovannifalcone@excite.it
Altri
contributi dello stesso autore |