Premessa
Ogni anno vengono costituite in Italia circa 300.000 nuove
aziende, in prevalenza sotto forma di Ditte Individuali, con
il 26% di società di persone e 12% di società
di capitali.
Sottolineo, tuttavia, stando alle informazioni acquisibili
presso le Camere di Commercio che, per qualche periodo, le
ditte cessate hanno superato le nuove iscrizioni. Quanto detto,
è indicativo delle difficoltà economiche in
cui il Paese si dibatte ed il limitato accesso alle nuove
iniziative economico imprenditoriali.
A questo riguardo, infatti, posso ricordare inoltre che il
tasso di fallimento delle imprese di nuova costituzione è
molto elevato. In altri termini, ogni nuova impresa deve essere
interpretata come una battaglia a lungo termine ove è
richiesto un impegno duro e costante fra i soci fondatori
caratterizzato da rischi e sfide fra le diverse capacità
imprenditoriali.
E’ pur vero che le imprese che cessano nella primissima
fase (fallimenti, liquidazione volontaria etc.), è
dovuto in larga parte alla poca conoscenza dei problemi imprenditoriali,
all’assenza o ritardo di finanziamenti preventivati,
alla mancanza di un valido progetto imprenditoriale.
La suesposta analisi, vi assicuro, non è catastrofismo
bensì frutto di una lunga e meditata osservazione che,
come è possibile verificare, non è esagerata.
Il successo della iniziativa dipende, in primo luogo, unicamente
da noi: dalla volontà di diventare imprenditori e di
credere nelle nostre capacità, dal progetto imprenditoriale
e dalle tecniche usate. Appare pertanto opportuno chiedersi
cosa fare per aumentare le possibilità di successo;
come per una partita di calcio è necessario allenarsi,
impostare ed approfondire le tecniche, studiare in modo approfondito
l’avversario (che per noi è rappresentato dalla
concorrenza) e focalizzare una strategia di attacco.
Nel nostro Paese, a ben vedere, non sembra scorgere tante
palestre per aspiranti imprenditori, pur essendo, fra i paesi
industrializzati quello che presenta il maggio numero di imprese
di piccole o piccolissime dimensioni. In rapporto agli altri
Paesi Europei, in Italia, le iniziative volte al sostegno
della nuova imprenditorialità appaiono ancora decisamente
insufficienti e limitate.
Con ciò, non mi riferisco ovviamente alle tante e spesso
infruttuose agevolazioni fiscali e/o aiuti a pioggia corrisposti
per nuove iniziative imprenditoriali, che solo apparentemente
sembrano incoraggiare tale percorso. Dico apparentemente in
quanto, nella generalità dei casi, tali “aiuti
pubblici” sono generalmente artefatti, basandosi troppo
spesso, su false fatturazioni per iniziative solo virtuali.
La incapacità pubblica, consiste invece nell’apatia
al cambiamento, atrofizzata da una eccessiva burocrazia ancora
esistente (Sportello Unico delle Imprese non adeguatamente
decollato), all’assenza di adeguate infrastrutture sul
territorio (pensiamo alla insufficienza dei trasporti, soprattutto
nel Mezzogiorno o comunque nella maggior parte del territorio
nazionale), alla mancanza di controllo del territorio (pensiamo
alla criminalità organizzata).
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1. L’IMPRENDITORIALITA’
a) Il mercato del lavoro
Il problema occupazionale, diffusamente ed in vario modo
sofferto da tutta l’Unione Europea, impone urgenti e
radicali cambiamenti del modo di intendere ed affrontare il
“mercato del lavoro”.
L’idea del posto fisso, per fortuna, sta tramontando
definitivamente, anche grazie alle radicali riforme attuate
in epoca recente (valga per tutti la Riforma Biagi), con la
costante riduzione del lavoro dipendente, a vantaggio dell’assunzione
del rischio, della intraprendenza individuale verso una maggiore
e consapevole responsabilità.
Allo stato, sempre più, si deve comprendere che, ogni
individuo deve diventare imprenditore di se stesso e che,
attraverso le proprie esperienze continuamente aggiornate,
potrà valutarsi se queste siano idonee e competitive
con le esigenze del mercato. Paradossalmente, diventare imprenditori
di se stessi sarà possibile anche rimanendo lavoratore
dipendente per tutta la vita; al riguardo basta pensare al
lavoratore dipendente che si mette sul mercato alla ricerca
di nuovi stimoli ed esperienze diverse, così come in
altri Paesi più avanzati già avviene da tempo.
Dobbiamo ragionare in termini di “esperienza competitiva”
tipo: quali competenze sono in grado di offrire e soprattutto
come possono essere valorizzate.
Già da qualche tempo, anche nelle nostre realtà
aziendali si è instaurato un processo di cambiamento
simile, ove, copiando da altri Paesi, si cerca maggiore flessibilità,
riducendo le inefficienze, organizzando al meglio il rapporto
con la clientela onde poter vincere la concorrenza. Infatti,
sono in sensibile aumento le persone che compiono la scelta
professionale di mettersi in proprio. Nella intera Europa
e, nel nostro Paese in particolare, il lavoro sta diventando
più autonomo grazie ad una migliorata e crescente iniziativa
imprenditoriale.
COSA SIGNIFICA DIVENTARE IMPRENDITORI
Avviare o far crescere una impresa già esistente può
rappresentare per ognuno di noi una esperienza di assoluta
eccezionalità, sotto il profilo della “auto realizzazione”
e/ di “ricchezza personale”.
Decidere di diventare imprenditore non può essere
quindi una decisione che può essere presa alla leggera.
Una volta imboccata questa strada, non potranno essere ammessi
ripensamenti e tutte le nostre energie – morali e di
carattere – dovranno essere utilizzate per risolvere
i mille e quotidiani problemi.
Se si è fortunati – anche grazie ad una serie
di possibili circostanze spesso neanche prevedibili (genialità
del progetto, congiuntura favorevole, limitata concorrenza
etc.), il successo potrà essere raggiunto con relativa
facilità.
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Ma, al contrario, è anche possibile raggiungere analogo
successo solo grazie ad una perseveranza al limite dell’ossessione.
Suggerisco pertanto, ad ognuno di noi, prima di intraprendere
questa strada, di fare una analisi seria ed oggettiva circa
le proprie attitudini e qualità personali. Il coraggio,
la giusta fiducia nelle proprie capacità accompagnate
da una forte autodeterminazione rappresentano sicuramente
la migliore premessa dell’aspirante imprenditore.
Sono a tutti note le motivazioni che spingono una persona
a diventare imprenditore, quali:
• il bisogno di maggiore autonomia nel selezionare
le proprie scelte;
• la fiducia nelle proprie capacità di gestire
o comunque controllare eventi esterni;
• una particolare predilezione per attività che
assicurino risultati tangibili;
• capacità di gestire una leadership;
• creatività e sensibilità anche in grado
di prevedere, per quanto possibile, determinati eventi.
VANTAGGI E SVANTAGGI
A parte le innegabili, notevoli e, a volte naturali differenze
circa le attitudini di ognuno di noi, possiamo in questa sede
a tracciare, per grandi linee, gli aspetti negativi e positivi
che possono caratterizzare ed orientare la scelta di diventare
imprenditori.
Aspetti negativi
• dover rinunciare alla sicurezza del posto fisso;
• dover accettare, sicuramente nella fase iniziale,
un livello di reddito addirittura inferiore a quello garantito
da un lavoro dipendente;
• non avere orari di lavoro regolamentabili con una
contestuale e drastica riduzione del tempo libero;
• sentire il peso di tante responsabilità, altrimenti
sconosciute;
• essere consapevolmente soggetti al rischio che qualcosa
di esterno e/o imprevedibile potrebbe danneggiare o addirittura
distruggere il nostro lavoro (pensiamo ad una nuova tecnologia
che improvvisamente rende obsoleta la nostra catena produttiva,
fallimento improvviso del nostro miglior cliente, una protesta
sindacale generalizzata, incendio, alluvione etc.)
• maggiore coinvolgimento nel lavoro in termini di impegno
fisico e mentale;
• essere disponibile, soprattutto nella fase iniziale,
a fare qualunque tipo di lavoro nell’interesse dell’impresa;
• se come dipendenti si è avuto un posto di responsabilità,
rinunciare almeno nei primi tempi all’ufficio lussuoso,
alla segretaria personale, a tutti i frange benefit che una
posizione manageriale comporta;
• ove le cose vanno male, si potranno avere seri problemi
in ambito familiare (particolarmente con la moglie…).
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SE NON SIETE DEL TUTTO SCORAGGIATI, SONO FERMAMENTE CONVINTO
CHE FARE L’IMPRENDITORE SOTTENDE UNA ESPERIENZA ESALTANTE.
Aspetti positivi
1. essere autori del proprio destino, o comunque contribuire
in modo decisamente più significativo;
2. realizzare il progetto dei propri sogni in cui peraltro
si è sempre creduto;
3. disporre del proprio tempo e delle proprie capacità
nel modo più proficuo possibile;
4. ritrovarsi ai vertici di una realtà economica pur
nella continua consapevolezza di una crescita lunga e sofferta;
5. non dover sottostare ad ordini superiori ma gestendosi
in modo oculato e responsabile;
6. non annoiarsi mai (anche per l’assoluta mancanza
di tempo….);
7. la possibilità di raggiungere un livello di reddito
assolutamente irraggiungibile per un lavoro dipendente.
Il successo della iniziativa imprenditoriale dipenderà
dal settore economico intrapreso, dalla formula imprenditoriale
adottata (soprattutto con riferimento al marketing in una
crescente globalizzazione), dalle proprie capacità
e quelle dei propri collaboratori e, in buona parte, dall’impegno
profuso per la riuscita del progetto.
CONSIDERAZIONI ETICHE E RESPONSABILITA’ SOCIALI
L’imprenditore opportunista, disposto a calpestare
tutto e tutti pur di raggiungere un profitto sembra fortunatamente
in via di estinzione anche se, ad onor del vero, recentissimi
casi di gravissimi disastri finanziari sembrano aver caratterizzato
l’inizio di questo nuovo Millennio. Mi riferisco, evidentemente,
ai gravissimi danni economici provocati alle diverse migliaia
di risparmiatori per il default di grossi gruppi industriali
(Parmalat, Cirio,Giacomelli etc.) i cui effetti, almeno per
il futuro, si spera di arginare con una nuova legge di “Tutela
del risparmio” che, a distanza di quasi un anno, ancora
langue nelle Aule Parlamentari.
In una società moderna e tecnicamente avanzata –
anche grazie ad una generalizzata informatizzazione –
non appare più possibile sfruttare il dipendente, degradare
l’ambiente ed evadendo gli obblighi fiscali - tributari.
Gente simile, non ha futuro e meno che mai quello di imprenditore.
Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà della
Pubblica Amministrazione e, in particolare, del cattivo rapporto
esistente fra l’imprenditore o contribuente in genere
e l’Amministrazione Finanziaria. La enorme ed incallita
burocratizzazione con l’infinita produzione legislativa
sembrano create apposta per intralciare la vita dell’impresa.
E’ vero infatti che, sovente, la inefficienza della
Pubblica Amministrazione, nel suo complesso, ostacola chi
si vuole comportare correttamente a completo vantaggio di
coloro che al contrario assumono comportamenti poco ortodossi.
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In tal senso, il nostro senso dell’ottimismo, deve servire
a sdrammatizzare questi non facili percorsi per la corretta
e puntuale osservanza di tutti gli adempimenti amministrativi,
previdenziali, fiscali e della sicurezza degli uomini e delle
infrastrutture in aderenza alla vigente normativa.
Dobbiamo altresì riconoscere che, di converso, nell’ultimo
decennio, l’atteggiamento della P.A. a vantaggio dell’imprenditore
è cambiato (semplificazione fiscale, rispetto della
privacy, sicurezza sul lavoro, Uffici unici delle Entrate,
diritto di interpello per interpretazioni controverse, decalogo
dei diritti del contribuente, creazione dello sportello unico
delle imprese, autocertificazione, informatizzazione della
Pubblica Amministrazione etc.).
Ho inteso formulare queste brevi considerazioni, come delle
riflessioni a voce alta, che non hanno la presunzione di essere
esaustive, ma semplicemente di fornire uno stimolo per i tanti
nostri giovani che ancora fanno fatica ad inserirsi nel mondo
del lavoro.
Nello stesso tempo, auspico un intervento pubblico che sia
volto unicamente a creare le migliori condizioni per sviluppare
il fascino del “fare Impresa”, realizzando le
opere infrastrutturali necessarie alla crescita del territorio
e dell’intero progetto Paese, bandendo definitivamente
ogni forma di aiuto in “Conto Capitale”.
Bari, 05 ottobre 2004
giovannifalcone@excite.it
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