I “DESTINATARI” DEGLI AIUTI AL MEZZOGIORNO
E’ già da alcuni decenni che sento parlare di
“Interventi straordinari per il Sud” e, solo per
citare le normative nazionali più recenti, ricordo:
• Imprenditorialità femminile (Legge nr.215/1992);
• Imprenditorialità giovanile (Legge nr.95/1995
ex Legge nr.46/1986, Legge nr.236/1993, Legge nr.608/1996
“Prestito d’onore”);
• Imprenditorialità in agricoltura (Legge nr.135/1997,
Legge nr.441/1998);
• Leggi di interesse generale – nr.488 del 19.12.1992
“Disciplina organica dell’intervento straordinario
nel Mezzogiorno”.
Al sintetico quadro appena descritto, mancano ovviamente le
innumerevoli ed analoghe iniziative sorte presso i rispettivi
Enti pubblici territoriali (Regioni, Province e Comuni) che,
a vario titolo e spesso in modo confuso e disarticolato, contribuiscono
ad elargire aiuti economici per incoraggiare iniziative imprenditoriali.
La pioggia di miliardi è stata costante e pressoché
ininterrotta; i risultati, al contrario, al di là delle
previsioni, assolutamente invisibili: disoccupazione mediamente
doppia se non tripla in confronto ad altre arre geografiche
del Paese, rete infrastrutturale da terzo mondo se pensiamo
a quella idrica, viaria, ferroviaria, aerea etc..
L’unica forza che ha sempre registrato un trend in
crescita è stata e rimane quella della criminalità
organizzata che, oltre a opprimere e soffocare sul nascere
la vera imprenditorialità, riesce a lucrare, molto
spesso sugli aiuti di Stato.
Allo stato pertanto, analizzando serenamente lo stato dell’opera
e volendo tracciare un bilancio, possiamo certamente affermare
che gli aiuti a pioggia, indiscriminati e, soprattutto in
“Conto Capitale” (fondo perduto o, come abbiamo
sentito in qualche Aula di Tribunale “..a babbo morto..”),
non hanno funzionato. O meglio, non hanno funzionato secondo
gli obiettivi programmati che pure avevano, sicuramente, una
finalità alta e nobile, cioè quella di far crescere
il territorio del Sud secondo gli standars nazionali ed europei.
Così non è stato. Gli aiuti pubblici hanno alimentato
il malaffare e i reati di truffa in danno della Pubblica Amministrazione.
Statisticamente, le cronache giudiziarie, stanno lì
a dimostrarlo.
Potrei citare una casistica infinita di tanti imprenditori,
o presunti tali, che hanno percepito ingenti finanziamenti
pubblici, a fronte di costi – documentati in sede di
Stato Avanzamento Lavori (c.d. S.A.L.), completamente fittizi
o, nella migliore delle ipotesi falsi al 50%.
A mero titolo di esempio, ricordo un caso di un aspirante
imprenditore del settore alberghiero ove, per una spesa complessivamente
ammessa di 100 miliardi, finanziata al 75%, documentò
acquisti di beni e servizi forniti da una società della
stessa Holding. Questa società, fatturava i “beni
e servizi” con un ricarico del 100%, consentendo in
tal modo all’aspirante “albergatore” di
incassare dallo Stato una somma superiore alla spesa realmente
sostenuta (di circa il 50%). Aggiungiamo a questo la famosa
esenzione decennale IRPEG e ILOR e il gioco è completato.
Forse è giunto il momento di cambiare strada. Una
percorso di buon senso, in discussione in questi giorni, potrebbe
essere quello dell’aiuto pubblico solo in “conto
interessi” costringendo l’operatore economico
alla restituzione del capitale nel medio-lungo termine.
Con tali risorse finanziarie, potrebbero finalmente decollare
le Grandi Opere Pubbliche (rifacimento della rete idrica,
autostradale, aeroportuale, ferroviaria) e, forse senza volerlo,
così facendo, si allontanerebbe anche il rischio della
presenza di infiltrazioni mafiose, consentendo l’accesso
unicamente ad una vera classe di imprenditori disposti a investire
anche capitali propri ritrovando quel gusto del rischio che,
forse, nel Mezzogiorno non è mai veramente nato.
giovannifalcone@excite.it
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