La situazione patrimoniale di numerose società di calcio,
delle diverse serie di appartenenza, drammaticamente descritta
in questi giorni dai mass media, costituisce purtroppo solo
la punta di un iceberg.
L’artificio contabile di presentare Dichiarazioni
Fiscali “a debito” per decenni (per imposte dirette
ed indirette, o addirittura di Ritenute alla fonte operate
e non versate come sembra nel caso in specie), pur senza versare
una lira nelle casse dell’Erario, è una prassi
abbastanza diffusa nel nostro Paese, nella totale e generale
indifferenza dell’Amministrazione Finanziaria ed Enti
Previdenziali per gli omessi versamenti contributivi.
Queste ultime infatti, annualmente, in assenza del versamento
del dovuto da parte del contribuente, si limitano, nella generalità
dei casi, a prenderne atto aggiornando la “posizione”
con l’aggiunta di interessi di mora, rivalutazione monetaria
e spese varie, senza intraprendere alcuna concreta azione
di rivalsa in danno dell’azienda debitrice e/o degli
amministratori.
Gli inadempienti all’obbligazione tributaria, sono
sempre Società di capitali - per una migliore difesa
degli Amministratori, sotto il profilo personale, per effetto
dell’autonomia patrimoniale che ne consegue –
che, con il passare degli anni, vedendo il loro debito crescere
a dismisura, pianificano, in genere nell’arco di 5/8
anni, di portare le scritture contabili in Tribunale per sopraggiunta
“insolvenza”.
Non si comprende, pertanto, tanta sorpresa! Qual è
la novità? Le nostre amabili società di calcio,
pur omettendo per decenni di versare il dovuto, totalizzando
l’iperbolica cifra di circa 1.000 miliardi di debito
delle vecchie lire, continuando comunque a spendere più
di quanto incassavano, sono giunte al capolinea di una inevitabile
bancarotta.
Hanno tamponato per anni i buchi di bilancio con “Fideiussioni
false” (pagate a prezzo di saldo), con ”plusvalenze”
esistenti solo sulla carta o nella fantasia creativa di spregiudicati
amministratori.
Anche adesso, come al solito, lo Stato (o meglio tutti noi,
con i nostri quotidiani ed ignorati sacrifici ), in completa
emergenza, è chiamato a portare soccorso ad un paziente
in agonia che, almeno moralmente, secondo il sentire comune,
è morto da tempo.
Ben venga questa morte, se essa potrà servire a recuperare
un senso della legalità da parte delle società
di calcio e categorie imprenditoriali in genere, ovvero dello
Stato che, in futuro, memore di questa sciaugurata esperienza,
potrà ingiungere, con mirate azioni esecutive di pignoramento,
il pagamento del debito erariale molto prima e senza aspettare
un fallimento nella prima fase solo annunciato.
Bari, 10 maggio 2004
giovannifalcone@excite.it
____________________
Altri
contributi dello stesso autore |