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“Fra il dire e il fare c’è di mezzo…..il diritto alla Privacy..”

Corso on-line antiriciclaggio


EVASIONE FISCALE: “Fra il dire e il fare c’è di mezzo…..il diritto alla Privacy..”

“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”

Mai dettato costituzionale, previsto dall’art.53 della nostra Carta, secondo il sentire comune, è stato tanto vilipeso. L’economia sommersa nel nostro Paese e quindi il conseguente danno erariale, secondo le analisi più qualificate, rappresenta un terzo della ricchezza nazionale annualmente prodotta.

Sul piano legislativo, numerosi sono stati i tentativi per reprimere o comunque arginare questo gravissimo fenomeno, peraltro stimato nel doppio della media europea.

Per sommi capi, ricordo che dopo la Riforma Tributaria del 1973, si è passati alla legge “Manette agli evasori” del 1982 e, attraverso i tanti condoni tributari – peraltro sempre attuali e rispolverati alla bisogna -, si è pervenuti all’abolizione del famigerato “Segreto bancario” negli accertamenti fiscali del 1991, giungendo infine, alla legislazione più recente del marzo 2000, che ha addirittura reso l’evasione fiscale reato presupposto ai fini del Riciclaggio di denaro sporco, equiparandone la condotta criminosa come fatto di elevato allarme sociale, alla stregua di tanti altri gravi reati previsti dal vigente sistema processuale-penalistico.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, inducendo a pensare che la strada da percorrere è ancora lunga. Ogni commento sulla evasione fiscale in Italia, oltre che superfluo, sarebbe oltremodo offensivo della intera categoria di soggetti a reddito fisso (lavoro dipendente) che, si badi bene, non sono più onesti degli altri, ma semplicemente privi di alcuna difesa, sia pure legittima quando trattasi di pura sopravvivenza, di fronte alla voracità dello Stato.

Secondo statistiche attendibili, il 70% delle entrate tributarie è rappresentato da:
• Ritenute alla fonte effettuate dal Sostituto d’imposta (Datore di lavoro) al lavoratore dipendente;
• Imposizione indiretta sui consumi (IVA, accise sui prodotti petroliferi etc.).

L’intero popolo delle partite IVA (con il beneficio di qualche eccezione per non essere accusati di eccessiva generalizzazione), quali persone giuridiche, ditte individuali, professionisti etc., pagano quello che vogliono e/o ritengono giusto.

Non voglio dilungarmi in questa breve riflessione sui vari metodi in uso per abbattere l’imponibile e sfuggire agli obblighi tributari; al riguardo avremo modo di soffermarci in altra occasione.
Allo stato, possiamo ragionevolmente dire che il tenore di vita condotto da questi “contribuenti”, in rapporto all’esiguo ammontare del reddito imponibile rispettivamente indicato nelle varie Dichiarazioni fiscali, è sufficiente, o dovrebbe esserlo, per gridare allo scandalo. Finora, è stato un grido continuo, silenzioso, indistinto, sicuramente non ascoltato da nessuno e, meno che mai, dagli addetti ai lavori.

2

Per questo motivo, insieme a voi, vorrei avviare una discussione per individuare possibili tecniche di contrasto che, ove ritenute condivisibili, ed a forza di parlarne, potrebbero fare breccia per una inversione di tendenza.
Un importante passo avanti per l’auspicata equità fiscale, doveva essere la realizzazione di una Anagrafe dei conti e dei depositi, prevista dall’art.20 della legge nr.413/91 (1) (quella stessa legge che abolì il segreto bancario). Ad una prima bocciatura nel novembre 1999 del Garante per la Privacy (2) allo schema di Regolamento in discussione nella Commissione Ministeriale, fece seguito il Decreto del Ministro del Tesoro e della Programmazione economica del 4 agosto 2000, nr.269.

A distanza di circa tre lustri, l’agognata “Anagrafe” è ancora una chimera. Si tratta, in estrema sintesi, di una banca dati centralizzata, cui affluirebbero le informazioni degli Archivi Unici Informatici (previsti dalla vigente normativa Antiriciclaggio) e già in uso presso tutti gli intermediari finanziari e creditizi (non solo le banche), afferenti ai dati identificativi di tutti i clienti censiti nel sistema anagrafico dei ripetuti intermediari.

Si è autorevolmente ricordato che tale “Banca dati” consentirebbe all’Amministrazione finanziaria (Uffici tributari, Se.C.I.T., Guardia di Finanza) di conoscere, quasi in tempo reale, presso quali Intermediari sono intrattenuti i rapporti da parte del contribuente, migliorando la efficacia delle procedure e riducendo notevolmente i tempi di accertamento.
Si badi che il provvedimento, ove mai concretamente attuato, consentirà di conoscere solo il numero, la natura e la tipologia del rapporto intrattenuto, ovvero presso quale Istituto di credito e/o intermediario in genere lo stesso è stato acceso, ma non anche il saldo e meno che mai la movimentazione come erroneamente da qualcuno affermato.
Lo stesso ex Ministro delle Finanze - On.le Vincenzo VISCO - per tranquillizzare l’ingiustificato allarmismo di tante Associazioni di categoria, chiarì che lo strumento sarebbe stato utilizzato come un mero elenco telefonico.

Immaginando la citata “Anagrafe” già in uso, facciamo qualche esempio:
• un funzionario di un qualsiasi Ufficio tecnico Comunale, che risulta titolare di numero 20 rapporti di conto corrente in altrettanti Istituti di credito;
• un pensionato ottantenne, improvvisamente titolare di un numero elevato di Libretti di Risparmio, nominativi e/o al portatore;
• donna casalinga, giovane studente, anziana suocera, segretaria dell’imprenditore, titolari di un elevato numero di rapporti presso diversi Istituti di credito.

A fattor comune ed indipendentemente dall’ammontare della provvista movimentata, che in prima face non si conosce, consentire all’Amministrazione Finanziaria di conoscere tali “circostanze”, potrebbero sicuramente rappresentare una interessantissima fonte d’innesco per l’avvio di un accertamento bancario. Ciò, soprattutto quando, tali informazioni si accompagnano ad un tenore di vita elevato e poco giustificabile con i redditi imponibili ufficialmente dichiarati, o in alternativa, prestanomi di personaggi fin troppo conosciuti dall’Autorità Giudiziaria, nullatenenti e già condannati per associazioni di stampo mafioso.


3

Ricordo un caso di un noto personaggio del crotonese, in odore di mafia, molto chiacchierato, privo di redditi, inquilino in una villa con piscina, particolarmente confortevole, (circondata con viedocamere opportunamente allocate), privo di alcuna titolarità (neanche del contratto telefonico) che, nel corso di una perquisizione, gli furono trovati ben 5 Carnets di assegni, tratti su Banche diverse e allocate sull’intero territorio nazionale, tutti regolarmente firmati (mancava solo la data e l’importo), che alla bisogna e secondo le necessità, lo stesso inquilino nullatenente provvedeva a riempire.

Signori, bisogna decidere cosa fare da grandi: il rispetto della Privacy, può conciliarsi con la doverosa esigenza di salvaguardare il dettato costituzionale citato in premessa al mio ragionamento?

In alternativa, viste le tante obiezioni frapposte alla iniziativa di istituire una simile Banca dati, non ultima quella che segnala il pericolo, non saprei quanto giustificato, di una fuga di massa del risparmio nazionale verso Paesi più ospitali, cosa si può fare?

Mi permetto di dare qualche semplice ed elementare suggerimento:

• imporre alle Banche ed Intermediari in genere, di comunicare all’Amministrazione Finanziaria il superamento di determinate soglie predefinite nella corresponsione degli interessi alla clientela. E’ un sistema questo, da tempo in uso in Irlanda, dove mi risulta che gli “evasori” hanno vita difficile forse anche a discapito di qualche altro diritto… In tal modo, conoscendo l’aliquota applicata, la stessa Amministrazione Finanziaria sarà in grado di calcolare la “giacenza media” delle disponibilità economiche complessivamente detenute dal cliente verso il sistema creditizio;
• ampliare anche al reato di evasione fiscale, i concetti contenuti nell’art.12 quinques della legge nr.356/82 (3) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), avuto riguardo alla c.d. “Inversione dell’onere della prova”, consentendo la confisca di patrimoni ingenti non giustificati dai redditi imponibili dichiarati.

L’evasione fiscale, forse, anzi sicuramente, è un argomento troppo serio per essere risolto con celerità. Ma se vogliamo ridurre la pressione fiscale e sostenere nel contempo le entrate tributarie, qualcosa di concreto bisognerà pur tentare per una efficace e dignitosa azione di contrasto a tale imperante e, sembra, imbattibile malcostume.

Bari, 29 luglio 2004


(1)
Legge nr.413/91, 4° comma, art.20 prevedeva l’adozione di un regolamento, entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, per stabilire, “con il massimo della riservatezza, le modalità delle comunicazioni, da parte delle aziende ed istituti di credito, dell’Amministrazione postale, nonché delle società fiduciarie e di ogni altro intermediario finanziario dei dati identificativi , compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporti di conto o deposito o che comunque possa disporre del medesimo, nonché i criteri per le relative utilizzazioni”.


4

(2)
Parere (stralcio) del Garante per la Privacy del 17 novembre 1999, quale sintesi critica allo schema di regolamento per la istituzione dell’Anagrafe dei rapporti di conto o di deposito:

“”
1. In primo luogo, lo schema non disciplina direttamente tutti i profili relativi alla destinazione e alle modalità di comunicazione dei dati, né i criteri per la loro utilizzazione, ma delega la loro definizione a diverse fonti normative con il rischio di non garantire una disciplina omogenea, atta ad assicurare l’elevato livello di riservatezza richiesto.
2. In secondo luogo, la gestione dei dati dovrà essere impostata in modo da tener nel massimo conto le esigenze di tutela dei diritti degli interessati, contenendo il numero degli incaricati che avranno accesso ai dati, impartendo loro precise istruzioni sul trattamento e richiamando i doveri di riservatezza cui sono tenuti.
3. In terzo luogo lo schema sembra prevedere una conservazione a tempo indeterminato indeterminato anche dei dati relativi a rapporti con le banche ormai chiusi. Tale ipotesi non è conforme né alle norme sulla privacy (che prevedono la conservazione dei dati per un periodo “non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono raccolti”) né alla stessa legge nr.413, la quale si riferisce a rapporti di conto o di deposito in corso, anziché cessati. Inoltre, poiché la legge si riferisce ai dati identificativi delle persone che intrattengono rapporti di conto e di deposito, e non a questi ultimi, la denominazione di “anagrafe dei rapporti di conto e di deposito” sembra impropria.

(3)
D.L. 8 giugno 1992, nr.306, convertito con modificazioni, in legge 7 agosto 1992, nr.356 “Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”
Art.12 quinques – Trasferimento fraudolento di valori
1 - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altra utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter del codice penale, è punito con la reclusione da 2 a sei anni.

2 – Fuori dei casi previsti dal comma 1 e dagli articoli 648, 648 bis e 648 ter del codice penale , coloro nei cui confronti pende procedimento penale per uno dei delitti previsti dai precedenti articoli o dei delitti in materia di contrabbando, o per delitti avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti di cui agli articoli 416 bis, 629, 630, 644 e 644 bis del codice penale e agli articoli 73 e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, nr.309, ovvero nei cui confronti è in corso di applicazione o comunque si procede per l’applicazione di una misura di prevenzione personale, i quali, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultano essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarano ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, e dei quali non possono giustificare la legittima provenienza, sono puniti con la reclusione da due a cinque anni e il denaro, beni o altre utilità sono confiscati.

giovannifalcone@excite.it

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