“Prevenire è meglio che reprimere”.
Introduco il ragionamento di oggi con un motto tanto semplice
a dirsi quanto difficile da realizzarsi.
Lo diciamo sempre, lo diciamo tutti, nel mentre la criminalità
organizzata imperversa ed appare sempre più spavalda
ed invincibile. In alcune aree geografiche del nostro Paese
tutto sembra più difficile, l’antistato spadroneggia,
l’economia annaspa, le Istituzioni latitano, discutono,
stentano ad imporsi.
Le ultime notizie provenienti dall’area partenopea
e dal circondario di Napoli in particolare, stanno li a dimostrarlo.
Forse è solo una spia, un segnale di un malessere sociale,
economico e soprattutto culturale più diffuso. Non
si può e non si deve sottovalutare, bisogna reagire,
dobbiamo reagire.
Dobbiamo innanzitutto chiederci quali sono le maggiori difficoltà
per non riuscire a prevenire e, per certe tipologie di reati
(come l’estorsione, l’usura, lo sfruttamento minorile,
le truffe alla Pubblica Amministrazione, le false fatturazioni
etc), neanche a reprimere, considerando le ultime statistiche
ufficiali del Ministero degli Interni che hanno registrato
una crescita esponenziale di tali fattispecie criminose.
La “repressione” costituisce, forse, la strada
più semplicistica, almeno in apparenza, in quanto trattasi
di coordinare il lavoro di sole due Istituzioni: Le Forze
dell’Ordine e la Magistratura.
La “prevenzione”, invece, richiede lo sforzo
e l’impegno di tutti, il coordinamento sembra più
complesso e difficile, in quanto coinvolge la Pubblica Amministrazione,
le Forze Politiche, le Istituzioni creditizie, l’Associazionismo,
le Organizzazioni sindacali, il Volontariato, la Chiesa,la
Famiglia ed infine il comune cittadino.
Nessuno può chiamarsi fuori, tutti sono tenuti, pur
sotto diverse forme, a dare il proprio contributo per sconfiggere
o almeno contenere questa illegalità diffusa.
Con quali modalità concrete, ad ogni livello e senza
demagogia, possiamo immaginare di collaborare: facendo semplicemente
il proprio dovere, tanto come genitori quanto come imprenditori
o comuni cittadini, anche attraverso la denuncia dei soprusi,
la ribellione al racket, superando quel senso di omertà
che ancora accompagna significative parti della società
civile.
Osservando il fenomeno, da spettatori interessati, notiamo:
• Una microcriminalità che, molto spesso, nasconde
un disagio all’interno della famiglia, frequentemente
alimentate da problemi economici, con il conseguente abbandono
anzitempo della scuola da parte dei figli insieme alla perenne
precarietà lavorativa dei genitori;
2
• Una macrocriminalità che, invece, sovente,
sottende una collusione nella Pubblica Amministrazione, attraverso
Appalti pubblici pilotati, finanziamenti statali per iniziative
imprenditoriali esistenti solo sulla carta, o comunque ben
al di sopra dei costi realmente sostenuti.
Senza voler sembrare troppo semplicistici, se fossi un’Autorità
napoletana, seguirei alcune elementari priorità:
• Affronterei subito il problema dello “smaltimento
dei rifiuti solidi urbani” che tanto danno economico
e sociale ancora oggi arreca alle comunità locali;
• Recupererei, attraverso mirati investimenti aventi
una finalità socio culturale, le aree periferiche urbane,
in genere molto degradate;
• Istituirei una banca dati patrimoniale dei dipendenti
pubblici, avuto riguardo, in particolare, a quelle categorie
professionali maggiormente a rischio di collusione con fenomeni
criminali;
• Controllerei le transazioni immobiliari degli ultimi
due anni, verificando la capacità economica degli acquirenti,
ovvero le modalità di pagamento e l’origine della
provvista necessaria all’operazione;
• Analogo controllo sulle transazioni di quote sociali
e/o pacchetti azionari di attività economiche avviate
o trasferite sul territorio;
• Istituirei, ove non già esistente, un Osservatorio
Regionale sugli appalti pubblici, creando un’apposita
task force preposta al controllo delle procedure e aggiudicazioni;
• Introdurrei, per particolari situazioni patrimoniali
di valore rilevante, la inversione dell’onere della
prova in capo al detentore della ricchezza, soprattutto se
questi risulta privo di un adeguato profilo soggettivo idoneo
a giustificare la provenienza della risorsa finanziaria (attività
economica svolta, redditi dichiarati, pregiudizi penali etc.);
• Sensibilizzerei ulteriormente tutto il “Sistema
creditizio” ad una maggiore e più qualificata
collaborazione attiva, relativamente a fenomeni di riciclaggio
di denaro sporco;
• Qualificherei il personale preposto alla repressione
(Forze dell’Ordine e Magistratura) con appositi Stage
mirati, per meglio comprendere e seguire i flussi finanziari;
• Motiverei, anche economicamente, le Forze dell’Ordine
destinate ad attività di Intelligence su determinate
aree geografiche del Paese, risultate particolarmente inquinate
dalla presenza della criminalità organizzata, incrementando,
nel contempo, la presenza fisica del c.d. “Poliziotto
di quartiere”.
Da ultimo, voglio qui ricordare, per concludere, l’anonimo
messaggio scritto su un muro di Palermo in occasione dell’uccisione
del compianto Generale Carlo Alberto DALLA CHIESA, illustre
Prefetto di quella bellissima città siciliana: “”Qui
è morta la speranza dei palermitani onesti””.
Tutti sappiamo che, successivamente, prima con la Legge nr.646/82
(denominata Rognoni/La Torre), pensata per assalire i patrimoni
mafiosi, successivamente con la Legge 306/92 nata dopo le
stragi “Falcone-Borsellino” e la contestuale legge
sui cc.dd. pentiti, grossissimi passi avanti sono stati compiuti
nella lotta alla delinquenza mafiosa.
3
Abbiamo visto che quando lo Stato si muove, qualcosa succede.
Oggi, vorrei tanto leggere negli sguardi dei connazionali
napoletani: “”Qui è rinata semplicemente
la voglia di vivere””.
Bari, 21 novembre 2004
giovannifalcone@excite.it
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