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Con la sentenza 461/2004 il Giudice di Pace
di Sestri Ponente ha stabilito che i verbali per eccesso
di velocità rilevati con Telelaser-Trafficpatrol
che non rilasciano lo “scontrino” o altro documento
equipollente, non possono essere fonti di prova ai sensi
dell’articolo 142 c. 6 C.d.S. anche se vi è
la contestazione immediata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI SESTRI PONENTE
In persona del dott. Roberto GARIBBO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa promossa da:
E. M., opponente, rappresentato e difeso dal Dott. Patr.
Simone Baffico
AVVERSO
Il Comune di Genova, rappresentato e assistito dal funzionario
delegato in relazione a verbale del Comune di Genova nr.
<-> del 16/06/2003
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Dell’opponente
piaccia al G.d.P., contrariis reiectis,
dichiarare che l’omologazione del Telelaser in oggetto
è avvenuta in violazione della legge e conseguentemente
disapplicare detta normativa dichiarando il verbale illegittimamente
elevato;
in subordine dichiarare rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 142 comma 6 C.d.S. (D.lg. 30/4/92 nr.
285) in violazione dei precetti costituzionali ex art. 3
e 24 nella parte in cui prevede l’omologazione e conseguente
utilizzo di apparecchiature che consentano il rilevamento
della velocità in modo non oggettivo e senza lasciare
traccia alcuna di tale rilevazione per le motivazioni meglio
viste in premessa, rimettendo di conseguenza gli atti alla
Corte Costituzionale con ogni conseguenza di legge
Dell’Amministrazione opposta
piaccia al G.d.P., respingere il ricorso perché
infondato, con vittoria di spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 24.12.2003 con sentenza nr. 875, questo giudice
revocava la precedente sentenza nr. 705 del 2003, in quanto
emessa per errore materiale risultante dai documenti di
causa, sentenza intervenuta tra le stesse parti di cui in
epigrafe e per lo stesso oggetto.
Con ordinanza in pari data il giudice ordinava:
a) la rimessione della originaria causa sul ruolo;
b) convocava le parti, per la discussione nel merito, all’udienza
del 26.01.2004.
In tale sede l’opponente chiedeva l’annullamento
della sanzione irrogata con conseguente disapplicazione
del decreto di omologa per mancanza di prova documentale
attestante la veridicità nel verbale oggi impugnato.
In difetto chiedeva la trasmissione degli atti alla Corte
Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità
costituzionale della normativa afferente l’omologazione.
La Amministrazione opposta si opponeva ritenendo del tutto
legittima la normativa in questione e pienamente affidabile
lo strumento adoperato per la contestazione dell’infrazione.
Il giudice rinviava la causa all’udienza del 1/3/04
dando alle parti termine per memorie scritte.
L’1/3/04 le parti presentavano le memorie di cui
trattasi.
Con ordinanza in pari data, il giudice di pace, esaminata
l’eccezione preliminare di incostituzionalità
sollevata dall’opponente in relazione all’articolo
345 comma 1 Reg. att. C.D.S., la respingeva perché
l’eccezione stessa non era accoglibile ai sensi dell’art.
134 c. 1° alinea della Costituzione repubblicana che
limita la giurisdizione di illegittimità della Corte
alle leggi e agli atti aventi forza di legge, costituendo
per contro il D.P.R. 16/12/1999 nr. 495 “atto amministrativo
a contenuto normativo” ovvero “atto normativo
di grado secondario” (vedasi Corte Cost. 5/5/80 nr.
689; 22-27/2/1980 nr. 21).
Il Giudice, tuttavia, dava termine alle parti per escussione
e assegnazione della causa, comprendente anche eventuale
riproposizione dell’eccezione preliminare da qua secondo
i criteri di legittimità procedurale, ale 30/7/04.
Il 14 giugno 2004 il legale dell’opponente riformulava
nuova memoria con conclusioni di cui in epigrafe.
Il 30/07/04, acquisite le richieste finali delle parti,
il giudice di pace dava immediata lettura del dispositivo
della presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A) La questione di legittimità della normativa che
regola “le risultanze delle apparecchiature debitamente
omologate” utili quali “fonti di prova”
(art. 142 c.6 del Codice della Strada) va esaminata tenendo
conto del complesso assetto sanzionatorio delle trasgressioni
al Codice della Strada.
E’, quindi, da ricordare, da un lato, la complessa
normativa della L. 24/11/1989 nr. 681 recante “Modifiche
al sistema penale”, normativa principalmente improntata
alla “depenalizzazione di delitti e contravvenzioni”
(se ne veda il capo III), dall’altro il graduato sistema
sanzionatorio del Codice della Strada che, in coerenza con
la citata L. 681/89, prevede solo in via residuale la competenza
del giudice penale per alcune fattispecie ritenute dal legislatore
di maggiore gravità.
In tale sistema, pacificamente di derivazione penale, basato
sul principio di legalità e non estendibilità
della fattispecie per analogia (vedasi art. 1 L. 689) e
di applicazione delle prescrizioni di diritto processuale
penale per gli atti di accertamento (vedasi art.13 della
L. 689), non può non trovar vigore quale fonte primaria
l’art. 234 c. 1 c.p.p. che definisce nella sottospecie
delle prove documentali gli “scritti o altri documenti
che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia,
la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.
Gli elementi essenziali dei documenti rappresentativi dei
fatti storici si individuano pertanto,
nell’integrità della produzione dell’evento
rappresentato;
nella disponibilità del relativo documento ai fini
procedurali.
B) L’art. 142 c. 6 del Codice della Strada, testo,
in verità non molto preciso, pone come fonti di prova
per la determinazione dell’osservanza dei limiti di
velocità “le risultanze di apparecchiature
debitamente omologate nonché le registrazioni del
cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali,
come precisato dal regolamento”.
La norma è, apparentemente, “in bianco”
anche se ne è ricostruibile la “ratio”,
rifacendosi al generale assetto dell’art. 234 c.1
c.p.p. che regola la generalità delle prove documentali.
Ritenendo compito dell’interprete quello di considerare,
quale è, norma valevole per la fattispecie il combinato
disposto degli artt. 142 c. 6 C.d.S. e 234 c.1 c.p.p., si
respinge l’eccezione di incostituzionalità
tesa a interessare l’art. 142 c. 6 del C.d.S..
C) Invero la norma dell’art. 142 c. 6 del Codice
della Strada, oltre che improntarsi ai ricordati principi
di derivazione penale, persegue altresì i criteri
di buon andamento e di imparzialità dell’Amministrazione
di cui all’art. 97 della Costituzione ed i derivanti
criteri di trasparenza dell’attività amministrativa
perseguiti dalla L. 7 agosto 1990 nr. 241 che, tra le sue
finalità, comprende l’accesso ai documenti
amministrativi.
In altre parole, il legislatore, nel redigere,sia pure
con imprecisioni, il ricordato articolo, ha inteso garantire
all’utente della strada la massima trasparenza nella
documentazione della velocità dallo stesso seguita
ed esaminata dalla P.A.
L’amministrazione opposta testualmente dichiara che
“l’agente accertatore”, nel caso in esame,
“effettuò la contestazione della violazione
di cui all’art. 142 comma 9 C.d.S. dopo aver personalmente
accertato la velocità del veicolo sanzionato utilizzando
l’apparecchiatura Trafficpatrol matr. 1255 con omologazione
Min. L.L.P.P. n. 3739 del 14/6/2000, e che quindi il collegamento
tra il dato rilevato e il soggetto trasgressore è
garantito dallo stesso agente, si rileva che il display
di cui è dotato l’apparecchiatura, conservando
la memoria della velocità rilevata, raggiunge certamente
lo scopo di fissare la velocità del veicolo in dato
momento in modo chiaro ed accertabile, come richiesto dall’art.
345 del Regolamento per il C.d.S.”.
La tesi del Comune di Genova è, quindi, interamente
basata sull’affidabilità, su cui si può
convenire, del Trafficpatrol matr. 1255, quale registratore
della velocità del mezzo. Ma ciò non basta.
Infatti l’Ente pubblico che voglia integralmente applicare
il comb. disp. dei citati artt. 142 c. 6 del C.d.S. e 234
c. 1 c.p.p., in un’opera di doverosa trasparenza dell’attività
amministrativa, non può che autolimitare la propria
attività garantendo la durevolezza della documentazione
dell’infrazione nella sua integrità con tutti
i mezzi contemplati dall’art. 234 c. 1 c.p.p.
D) L’art.345 c. 1 del Regolamento di attuazione del
C.d.S. testualmente recita:
“Le apparecchiature destinate a controllare l'osservanza
dei limiti di velocità devono essere costruite in
modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità
del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile,
tutelando la riservatezza dell'utente”.
La norma è caduta in gravi illegittimità,
scostandosi dai criteri contenuti nella legge delegata e
nell’art. 234 c. 1 c.p.p. e non conferendo, conseguentemente,
chiari criteri all’Autorità preposta all’omologazione
dei dispositivi di rilevazione della velocità del
veicolo.
Poiché, val la pena qui di ricordarlo, la prova
documentale reca quali elementi essenziali l’integrità
dell’evento rappresentativo di esso, non v’è
chi non veda come l’ambigua dizione regolamentare
permetta il coesistere di varie apparecchiature di rilevazione
della velocità dei veicoli tra le quali alcune, come
la Trafficpatrol, che non consentono l’utilizzo procedimentale
e processuale del dato.
Se, infatti, numerose apparecchiature sono disposte per
garantire:
1) l’esatta individuazione del veicolo “fermato”
tramite scatto fotografico;
2) l’esatta individuazione dell’ora e del giorno
dell’evento, mediante stampigliatura automatica nello
scatto fotografico;
3) la registrazione della velocità contenuta in
apposito tagliando,
la rilevazione mediante il Trafficpatrol non registra la
totalità dell’evento, riproducendone soltanto,
e per di più in via effimera, soltanto l’elemento
sub. 3).
A tanto non può spingersi la discrezionalità
della Pubblica Amministrazione nello scegliere i modelli
di controllo della velocità dei veicoli in un’autolimitazione
dei proprio poteri ai fini della piena documentabilità
dell’azione amministrativa.
Non resta, quindi, a questo giudice che preliminarmente
dichiarare l’illegittimità del richiamato art.
345 c. 1 del Regolamento di attuazione del Codice della
Strada nella parte in cui la disposizione non prevede un
chiaro richiamo ai criteri garantistici circa l’acquisizione
dei mezzi di prova fissati dall’art. 234 c. 1 c.p.p.,
consentendo l’omologazione di apparecchiature che
non permettono la produzione e la conservazione di documentazione
integrale dell’evento sanzionato, conforme a tale
disposto.
Pertanto la norma de qua va disapplicata, trattandosi di
regolamento generale, ex art. 5 della L. 20/3/1865 nr. 2248
all. E.
Di conseguenza, non sussistendo nella fattispecie, il riscontro
probatorio oggettivo documentale dell’avvenuta infrazione,
M. E. va prosciolto da ogni addebito.
Le spese vanno compensate, stanti i numerosi contrasti
giurisprudenziali nella controversa materia.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace
Visto il comb. disp. degli artt. 142 c.6 del Codice della
Strada e 234 c. 1 del c.p.p.;
visto l’art. 5 della L. 20 marzo 1865 nr. 2248 all.E;
definitivamente pronunciando
a) dichiara, in via preliminare l’illegittimità
del richiamato art. 345 1° comma del Regolamento generale
di attuazione del Codice della Strada e procede alla sua
disapplicazione ai sensi dell’art. 5 della L. 20/3/1865
nr. 2248 all.E;
b) di conseguenza accoglie il ricorso di M.E. avverso il
verbale di cui in epigrafe, non costituendo l’accertamento
effettuato tramite Trafficpatrol riscontro probatorio oggettivo
dell’infrazione ai sensi del comb. disp. degli artt.
142 c. 6 del Codice della Strada e 234 c. 1 del codice di
procedura penale e assolve l’opponente da ogni addebito;
c) dispone la compensazione delle spese del presente giudizio
tra le parti, stanti i numerosi contrasti giurisprudenziali
nella controversa materia.
Sentenza esecutiva.
Così deciso in Genova il 30 luglio 2004
IL GIUDICE DI PACE
Dr. Roberto Garibbo
Depositata in cancelleria il 30 luglio 2004
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